Caso Diciotti, il prefetto Piantedosi conferma che non si poteva escludere la presenza di soggetti pericolosi

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A bordo della nave Diciotti «non si poteva escludere la presenza di soggetti pericolosi». A metterlo a verbale, nero su bianco, nelle carte di cui è venuta a conoscenza l’Adnkronos, è il capo di gabinetto del ministero dell’Interno, Prefetto Matteo Piantedosi, ascoltato dai giudici del Tribunale dei ministri di Catania. Ma dalle pagine del provvedimento con cui il Tribunale dei ministri decide di chiedere l’autorizzazione a procedere per il ministro Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona, non emerge questo particolare. Anzi, al contrario, i giudici scrivono che «nessuno dei soggetti ascoltati da questo Tribunale ha riferito di informazioni sulla possibile presenza di ‘persone pericolose’ per la sicurezza e l’ordine pubblico nazionale».

Come emerge dalle dichiarazioni di Piantedosi, a precisa domanda il capo di gabinetto risponde che «non c’è stata una specifica segnalazione di allarme sulle persone a bordo della Diciotti, ma la possibile presenza di soggetti pericolosi non si poteva escludere. Tanto che l’allarme di possibili infiltrazioni di radicalizzati sui barconi era suonata ufficialmente già a ferragosto, durante il comitato nazionale ordine e sicurezza, a San Luca. C’è un allarme generalizzato, mette a verbale Piantedosi in questo caso non lo sapevamo perché non c’era un allarme specifico, ma il modello di comportamento tiene conto anche di questo… c’è il tema di proteggerele frontiere, la protezione delle frontiere anche dalla possibile verificazione di cortocircuiti di questo tipo ovvero dell’arrivo di soggetti pericolosi».

Piantedosi chiarisce al Tribunale dei ministri, come si legge nei verbali, che «con qualche spunto da più parti, il tema degli sbarchi involgeva e coinvolgeva anche i temi della difesa delle frontiere dall’arrivo di possibili radicalizzati e ne abbiamo degli esempi, eh… Anche da ultimo casi che sono andati nelle cronache -spiegava Piantedosi – addirittura persone in precedenza espulse, soprattutto dalla Tunisia, espulsi per motivi di ordine pubblico, in quanto radicalizzati e poi rientrati attraverso gli sbarchi».

Tra la documentazione del procedimento Diciotti, a quanto si apprende, ci sono anche scambi di messaggi whatsapp tra alti funzionari del Viminale e gli ufficiali delle Capitanerie diporto nei giorni precedenti lo sbarco, in cui si parla delle trattative con l’Europa e della necessità di attendere le eventuali decisioni di Bruxelles prima dell’indicazione del porto di sbarco

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