Macron sforerà quasi il 3,5%, ci si avvia verso la fine del fiscal compact in Europa

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Bruxelles si ritrova con un nuovo fronte aperto, la Francia. Il mea culpa di Macron dopo il duro scontro coi Gilet gialli e l’intenzione di provare a spingere l’economia arrivando ad un rapporto deficit/Pil del 3,5% aggiungono apprensione in capo alla Commissione europea. Il commissario agli affari economici Pierre Moscovici, a Strasburgo, ha detto: «Seguiremo con attenzione l’impatto degli annunci fatti dal presidente Macron sul deficit e le modalità di finanziamento».  Anche se aveva anticipato che una cosa è l’Italia, altro è la Francia, il suo Paese, che sta messa meglio per quanto riguarda il debito pubblico.

Dopo lo stop all’aumento della tassa sui carburanti, Macron ha annunciato un aumento di 100 euro del salario minimo senza oneri aggiuntivi per i datori di lavoro, la defiscalizzazione degli straordinari e dei bonus di fine anno da parte delle imprese e l’abrogazione dell’aumento dei contributi per i pensionati che guadagnano meno di 2mila euro al mese. Misure che costeranno intorno agli 11 miliardi, secondo fonti governative interpellate dal quotidiano Les Echos e riportate da Il Sole 24 Ore.

Queste nuove spese, aggiunge la fonte, comporteranno un deficit 2019 nell’ordine del 3,6% del Pil, senza tenere conto dei risparmi aggiuntivi che il governo sarà costretto a trovare dalla Commissione europea. L’asticella concordata con Bruxelles – dopo una prima lettera di richiamo – finora era del 2,8%. Con i nuovi tagli che il governo francese metterà a punto per convincere Bruxelles, il rapporto deficit-Pil potrebbe collocarsi al di sotto del 3,5% ma pure sempre ben oltre il limite del 3 per cento.

Secondo Gustavo Piga, economista da tempo sostenitore in Italia del superamento del Fiscal Compact, il dietrofront di Macron potrebbe essere proprio l’inizio della fine del pareggio di bilancio in Costituzione. «E’ finita l’era del Fiscal Compact – ha twittato – con il discorso di Macron. E’ finita. Forse l’Europa si potrà ancora salvare. Forse no. Ma la condizione necessaria per il salvataggio è finalmente sul tavolo, una vittoria».

Intervistato da Starmag.it, Piga ha poi approfondito: «Se siamo arrivati a questo punto, a un presidente francese che inscena una retromarcia clamorosa per non perdere per la prima volta nella storia della Repubblica la poltrona prima della fine del mandato, è perché le condizioni politiche e sociali sono diventate insostenibili per una larga fetta della società transalpina. Un disastro epocale, che sancisce la condanna definitiva delle sue politiche economiche, in linea con l’afflato europeo che lui voleva rilanciare, e che oggi è sparita dal suo vocabolario. Mi pare che non abbia mai menzionato la parola Europa, nel suo discorso. Bruxelles è l’ultimo degli attori rilevanti – ha proseguito Piga -, segue una recita a soggetto, a metà tra improvvisazione e copione scritto da altri. Finita l’ortodossia in Francia, con una leader tedesca cattolica ed i verdi in crescita, finisce questa Commissione Europea di cui i libri di storia ricorderanno solo il sado-masochismo austero. Io rilancerei il deficit al 2,4%, ma solo con investimenti pubblici fatti di appalti di piccole dimensioni, per le piccole imprese, a dimensione d’uomo, come l’Europa a cui aspiriamo».

La disfatta e la marcia indietro di Macron darà le ali ai populisti che da sempre sostengono il superamento del fiscal compact, che ha causato in molti Paesi d’Europa guasti inenarrabili, essendo ormai assodato che ha avvantaggiato soltanto la Germania di Frau Merkel, anche lei giunta al capolinea. Un nuovo assetto dell’Europa, meno legato alla banca, alla finanza e ai poteri forti, potrebbe dare una svolta alla rotta fallimentare fin qui seguita. Senza contare che l’eliminazione della regola del pareggio di bilancio nella Costituzione toglierebbe di mezzo l’argomento più forte che la Corte Costituzionale italiana, e di conseguenza la Cedu, hanno utilizzato per dare ragione al Governo nei confronti dei sacrosanti diritti di pensionati truffati nell’adeguamento della contingenza. Si aprirebbero con ciò prospettive diverse, da un lato positive, dall’altro negative, anche per il Governo gialloverde.

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