Def demolito dalle istituzioni finanziarie. I principali rilievi

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Stime troppo ottimistiche. Misure che possono avere un impatto ben più limitato di quanto indicato.
Traiettoria di rientro del debito troppo vaga. E soprattutto, mina pensioni sui conti pubblici. Al primo test in Parlamento il quadro programmatico delineato dal governo con la Nota di aggiornamento al Def viene letteralmente smontato dalle istituzioni bancarie e contabili, fino alla bocciatura del quadro da parte dell”Ufficio parlamentare di Bilancio. Mentre l’Istat si limita a ribadire che le prospettive a breve termine di crescita dell”economia non sono favorevoli. Ecco in sintesi gli alert lanciati nel corso delle audizioni da Banca d”Italia, Corte dei Conti e Upb.

– ALLARME SPREAD, PESA SU FAMIGLIE E RISPARMI: E’ il primo avvertimento che arriva da via Nazionale. Perché le oscillazioni dei tassi di interesse non hanno un costo solo per lo Stato, che spende di più per ripagare il debito, ma anche sulle famiglie, imprese e istituzioni che lo detengono, visto che due terzi sono in mano a istituzioni e soggetti italiani. Senza contare l’effetto sulle banche che, oltre a correre qualche rischio ricapitalizzazione se si dovessero superare certi limiti, potrebbero anche vedersi ridotta la capacità di fare credito.

– RISCHIO DEBITO ELEVATO: il debito elevato resta il grande moltiplicatore delle turbolenze, in grado di innescare un circolo vizioso con ripercussioni sull’economia reale». Ed è uno degli elementi di vulnerabilità che mette l’Italia più facilmente sotto tiro sui mercati. Peraltro il percorso per ridurlo non appare rassicurante, come dicono i magistrati contabili, e avanti di questo passo, aggiunge Bankitalia, arriverà sotto il 100% tra altri 18 anni.

– STIME OTTIMISTICHE: i calcoli del governo si basano su moltiplicatori troppo alti, è l”opinione diffusa. Anche perché i trasferimenti alle famiglie, la spesa sociale, ma anche gli sgravi fiscali, hanno effetti congiunturali modesti e graduali nel tempo. Persino lo stop all’Iva potrebbe non impattare sulla crescita, se le famiglie avessero già dato per certo il non aumento.

– NON SMONTARE LA FORNERO: non tornare indietro sulle pensioni. Il monito è sempre lo stesso. Perché la riforma Fornero garantisce non solo sostenibilità al sistema ma anche equità intergenerazionale. Lo stesso vale per
il reddito di cittadinanza, che peraltro va ben calibrato per evitare che sia un disincentivo al lavoro. L’Istat ricorda che sotto la soglia di povertà vivono oltre 5 milioni di persone, di cui 1,6 stranieri.

– CENTRI IMPIEGO EFFICIENTI : il sostegno al reddito non può prescindere, dicono entrambi gli istituti, da una revisione completa dei centri per l’impiego. E andrebbe fissato insiste Banca d’Italia, tenendo conto che il beneficio nella media Ue è inferiore al 50% della soglia di povertà. Mentre qui si arriverebbe al 100%, i famosi 780 euro.

– COPERTURE STABILI: a misure stabili corrispondano coperture strutturali. Vanno evitate, insomma, coperture temporanee o clausole di incerta applicazione. O il ricorso ad anticipi di entrate, come compare nella Nota quando si fa riferimento agli acconti fiscali, smentiti però da esponenti di governo. Da evitare anche sanatorie o mitigazioni del prelievo su limitate tipologie di soggetti perché minano la percezione stessa, dicono i magistrati contabili, dell’equità del sistema.

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