Toscana, Migranti: centri per il rimpatrio, la sinistra italiana contro Minniti. Mozione in Consiglio regionale

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Come già accennato il ministro dell’interno, marco Minniti, in occasione di una sua recente visita a Firenze aveva sollecitato sindaci e prefetti a individuare un luogo idoneo per istituire, anche nella nostra Regione, un Centro permanente di rimpatrio per gli immigrati irregolari. Nessun colloquio del ministro con il Governatore Rossi, che da tempo si è detto fieramente contrario ai grossi agglomerati di stranieri, preferendo il modello toscano dell’accoglienza diffusa, promosso peraltro anche dallo stesso Minniti. Ma, oltre a questo metodo, occorrono anche 12 o 13 centri di permanenza sparsi per il territorio nazionale, in modo da poter procedere celermente alle espulsioni, magistratura permettendo.

Il ministro aveva visto giusto, escludendo la regione toscana dai suoi colloqui, perché adesso arriva da lì un siluro contro la sua proposta.

«Approderà presto in Consiglio regionale della Toscana il dibattito tra favorevoli e contrari all’apertura di un Centro per il rimpatrio in Toscana. La Toscana dica di no, si deve opporre ufficialmente alle richieste del Governo nazionale e all’ipotesi di apertura di un CPR nel territorio regionale». Lo hanno affermato in una nota i consiglieri regionali di Sì, Tommaso Fattori e Paolo Sarti. «Questa, negli anni passati, è stata la linea tenuta anche dal presidente Enrico Rossi e dal Partito democratico, ci auguriamo che non ci siano ripensamenti, dato che sembra in corso una gara disumana a chi lucra più voti sulla pelle degli ultimi», hanno aggiunto.
«Tra Cie e Cpr è cambiato il nome ma non la sostanza: si tratta di non-luoghi di detenzione e sofferenza dove viene negata la dignità delle persone. La mozione richiama la consolidata tradizione di accoglienza, civiltà e tutela dei diritti umani che ha sempre contraddistinto la politica della Regione Toscana nei confronti delle fasce più vulnerabili della popolazione del suo territorio».
La realizzazione del Cpr in Toscana – concludono Fattori e Sarti – si inserirebbe in un contesto di accordi internazionali, conclusi e in via di ulteriore implementazione, il cui fine è rimpatriare i migranti anche in Stati lacerati da conflitti interni o soggetti a regimi totalitari, paesi che non garantiscono il rispetto dei diritti fondamentali della persona.

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