Cartella esattoriale notificata da pec non ufficiale può essere contestata e non pagata

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La notifica di una cartella esattoriale proveniente da una casella pec delle Entrate non ufficiale può essere contestata. Gli atti notificati telematicamente devono infatti rispettare quanto stabilito dall’art. 3-bis Legge 53/1994: il mittente deve utilizzare esclusivamente un indirizzo di posta elettronica certificata (pec) che compare negli elenchi pubblici. Anche la Cassazione è intervenuta sulla questione con la sentenza n. 17346/2019 e con la sentenza n. 3093/2020, le quali confermano la necessità che anche l’indirizzo pec del mittente sia inserito negli elenchi pubblici indicati dalla legge n. 221/2012: Ipa, Reginde, e Ini-pec. In caso contrario, l’atto non ha effetti giuridici e la notifica è inesistente.

Il contribuente che si vede recapitare una notifica da una Pec non risultante da tali registri è legittimato a non aprirla e a cancellarla, per evitare di incorrere in una delle truffe più diffuse nel web, il pishing.

Di recente, anche la CTR (Commissione Tributaria Regionale) Lazio, con la sentenza n. 915 del 28 febbraio 2022, ha chiarito che le notifiche Pec dell’agente di Riscossore devono essere inviate da indirizzi di posta elettronica certificati estratti dai pubblici registri. Secondo la CTP di Roma (sentenza n.. 2799/2020) tale vizio non può essere sanato nemmeno dall’avvenuta impugnazione della cartella stessa.

Il contribuente che riceve una cartella esattoriale e sospetta che il mittente abbia utilizzato una pec non valida deve innanzitutto verificare la Pec:
collegarsi al sito istituzionale dell’Ente da cui proviene la missiva e verificare se l’indirizzo Pec è quello effettivo;
verificare che l’indirizzo sia contenuto nei registri pubblici degli indirizzi Pec, IPA, Reginde e Ini-pec.
Una volta appurato che l’indirizzo non è quello ufficiale (l’unico indirizzo legittimo è protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it) e non è presente nei registri, il contribuente può far finta di nulla.
Fino a quando -non avendo pagato quanto richiesto dall’Ente nella cartella – non arriverà un pignoramento, un fermo amministrativo o un’ipoteca. Solo in questo caso il contribuente dovrà fare ricorso eccependo il fatto di non aver mai ricevuto l’atto.

Vediamo ora la procedura da seguire per fare ricorso contro una cartella esattoriale inviata da pec non valida.
Per prima cosa occorre individuare il giudice competente:
Commissione Tributaria Provinciale, per cartelle riferite a mancato pagamento di imposte (Irpef, Imu, Iva, Tari, bollo auto, ecc.);
Giudice di Pace se la cartella è riferita a multe stradali o a sanzioni amministrative;
Tribunale ordinario – sezione lavoro, se la cartella è riferita all’omesso versamento di contributi Inps o Inail.
A questo punto è possibile notificare correttamente l’atto di ricorso, depositandolo presso la cancelleria. Il giudice fisserà un’udienza alla quale il contribuente dovrà partecipare documentando la propria posizione. E attendere la pronuncia, che finora in molti casi è stata favorevole. Dipende dall’ammontare del pagamento richiesto in cartella, se è basso forse non conviene ricorrere, tenuto conto dei costi delle procedure giudiziarie civili e amministrative.

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