Irpef: grava sempre più su pensioni e lavoro dipendente, aumento di 4 punti in 15 anni

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L’Irpef continua a gravare principalmente sui redditi da lavoro dipendente e da pensione: in 15 anni il contributo di tali redditi sul totale è cresciuto di oltre 4 punti percentuali passando dal 79,7% del 2003 all’83,7% del 2018, mentre per contro è calato l’apporto dei redditi da patrimonio (immobiliare e mobiliare) e d’impresa. Lo afferma l’ottavo rapporto Lef (associazione per la legalità e l’equità fiscale) sull’Irpef elaborato dall’Ufficio studi dell’associazione.

Che rileva inoltre, negli ultimi 15 anni «una vera e propria fuga dalla progressività di numerosi redditi, principalmente da patrimonio, che si attesta intorno ai 50 miliardi. Si va dalla cedolare secca sugli affitti al regime dei minimi».

Le principali esclusioni riguardano: prima casa prima del 2001; gran parte dei redditi di capitale dal 2004 (in quanto con l’abolizione dei crediti d’imposta è stata cambiata la loro tassazione e sono assoggettati ad una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta); i soggetti cosiddetti ‘minimi’ (con ricavi inferiori ai 30.000 euro derivanti dall’esercizio di attività commerciali o professionali nel periodo dal 2008 al 2011); i proprietari di abitazioni date in locazione, che dal 2011 possono assoggettare i relativi affitti alla cedolare secca; il reddito derivante dalle abitazioni a disposizione, la rendita maggiorata, a partire dal 2011; i redditi da lavoro autonomo e d’impresa sottoposti al regime forfetario, detto dei ‘minimi’, che a partire dal 2015 hanno potuto beneficiare di un’imposta sostitutiva del 15%.

Nel tempo gli scaglioni di reddito sono stati accorpati e sono state aumentate le aliquote relative a quelli più bassi (attualmente l’aliquota più bassa è pari al 23% fino a 15.000 euro), a quelli medi (attualmente 27% fino a 28.000 euro e 38% da 28.000 euro e55.000 euro) e sono diminuite quelle più alte (attualmente l’aliquota più alta è pari al 43% per i redditi sopra i 75.000 euro). In pratica vi è stato un aumento della tassazione particolarmente elevata sui redditi medio-bassi, mitigata in parte con un abnorme aumento delle agevolazioni (deduzioni, detrazioni e crediti) e l’introduzione di meccanismi che legano l’agevolazione al reddito, che falsano la progressività dell’imposta.

L’Irpef, come accennato all’inizio,  «si caratterizza ormai sempre più come una imposta che colpisce i redditi da lavoro e da pensione, gli unici sottoposti ad un effettivo prelievo progressivo, afferma l’associazione. Dall’analisi dei dati emerge che nel periodo considerato il reddito Irpef complessivo è passato da 665 miliardi del 2003 a 864 mld del 2018. Una crescita determinata principalmente dai redditi da lavoro dipendente e da pensione, in parte minore dal lavoro autonomo, mentre il reddito d’impresa e da partecipazione resta sostanzialmente stabile, gli altri redditi (in cui sono ricompresi redditi da patrimonio mobiliare e immobili) cala. Una realtà meglio fotografata dalla distribuzione percentuale delle varie tipologie di reddito sul totale. I redditi da lavoro e da pensione che nel 2003 pesavano rispettivamente il 52,6% e il 27,1% nel2018 salgono al 53,9% e 29,9%, con una crescita dell’aggregato di 4,09punti percentuali. Il lavoro autonomo passa da 4,2% al 4,2%, quello d’impresa scende dal 4,6%al 3,7%, quello da partecipazione da 5,2 al 4% e gli altri redditi dal 6,4% al 4,3%. Nel complesso i redditi da lavoro dipendente, pensione e lavoro autonomo rappresentano l’87,9% dei redditi Irpef».

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