Pensioni: anticipo di tre anni, Boeri loda il Governo, Camusso frena. I pensionandi perderebbero il 20% del valore dell’assegno

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polettiLa proposta del governo di introdurre un prestito ventennale per ritirarsi dal lavoro con tre anni di anticipo piace al presidente dell’Inps Tito Boeri, che torna a parlare dopo un periodo di silenzio, dovuto forse alle polemiche innescate dalle sue continue e inopportune esternazioni. Ma a leggere le prime simulazioni l’operazione pensione anticipata a pagamento ha un costo salato per i potenziali interessati, anche del 20 per cento dell’assegno.

BOERI – «Siamo soddisfatti che il governo stia affrontando seriamente la questione. La cosa importante è permettere la libertà di scelta alle persone – ha osservato Boeri – il problema dell’uscita flessibile è molto importante».

CAMUSSO – Ci pensa però la leader della Cgil Susanna Camusso a frenare gli entusiasmi del bocconiano Presidente, sfegatato sostenitore del Governo Renzi: «siamo solo all’inizio del lavoro, serve una riforma complessiva».

UIL – La prudenza della Camusso trova immediata conferma nei calcoli della Uil: chi andrà in pensione con 3 anni di anticipo dovrà pagare una «penale» sotto forma di rata per la restituzione dell’anticipo pensionistico di importo pari addirittura al 20% dell’assegno netto. In pratica – spiegano al sindacato – con una pensione media di 1.000 euro si dovrà pagare una rata di 199 euro al mese per 13 mensilità per 20 anni (il prestito erogato sarebbe infatti di 39.000 euro). Con una pensione di 2.500 euro netti e un tasso di interesse al 3% (questa è l’ipotesi di base) la rata sarebbe di 499,10 euro al mese, in pratica il 20% dell’assegno originario (il prestito infatti ammonterebbe a 97.500 euro). Se si guarda alla pensione lorda, spiegano al sindacato, il taglio per l’anticipo di tre anni dovrebbe essere intorno al 15%. «Ci sono criticità e punti da chiarire, spiega il segretario confederale Uil Domenico Proietti, ed il confronto tra governo e sindacati deve servire a questo». Per chi ha perso il lavoro o rischia di perderlo – ha spiegato ieri il Governo – dovrebbero esserci detrazioni fiscali che ridurranno la percentuale in modo significativo.

SIMULAZIONE – Secondo un’altra simulazione degli esperti previdenziali un operaio che invece ha maturato una pensione di circa mille euro netti al mese, attraverso l’Ape in tre anni riceverebbe 39.000 euro di anticipo, su cui verrebbero poi applicati circa 12 mila euro di interessi. La rata mensile da restituire all’Inps nel corso dei vent’anni, in questo caso, sarebbe pari a 199 euro al mese. Per cui alla fine l’assegno Inps si fermerebbe a 800 euro, cun una perdita stavolta ‘solo’ del 15%.

ASSICURAZIONE – Un altro punto non chiarito riguarda i costi dell’assicurazione che metterà al riparo gli eredi nel caso il pensionato muoia prima di aver restituito tutta l’Ape. I sindacati si aspettano che lo paghi lo Stato, ma per ora il governo non si è pronunciato. «Ci sono criticità e punti da chiarire – sintetizza il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti -. E certamente le stime confermano che c’è un problema di risorse: i 7-800 milioni messi sul piatto non bastano. E più in generale occorre mettere in campo uno strumento semplice e chiaro. Che possa essere capito dalla gente e che non comporti oneri eccessivi per i lavoratori, perché altrimenti si rischia di fare la fine del Tfr in busta paga. Che è stato un vero fallimento».

 

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