tribunale dei ministri rinnoverà la richiesta di procedere contro Salvini, accusandolo di sequestro di persona

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La politica dell’immigrazione, per la quale dovrebbe essere in prima linea l’Unione Europea, è stata lasciata, come noto, ai pesi che più subiscono gli afflussi dei migranti, Grecia e soprattutto Italia. Dopo la crescita esponenziale dovuta al periodo dei Governi Letta – Renzi, Gentiloni e il ministro Minniti hanno posto un serio freno agli arrivi, e poi Salvini ha stretto il cerchio, ponendo barriere giuridiche e amministrative all’assalto delle navi Ong, che hanno come unico obiettivo e destinazione l’Italia. Una decisione eminentemente politica (la Mar Jonio di Mediterranea ha come capo delle operazioni Luca Casarini) per evitare le cui conseguenza il Governo ha fatto ricorso a misure sul piano prima politico, poi amministrativo. Emanando direttive e bloccando gli accessi ai porti di navi che trasportano migranti o, come li definisce Salvini, clandestini. Ma la magistratura, come spesso accade, si mette di traverso, lo ha fatto nel caso Diciotti, inquisendo Salvini con l’accusa di sequestro di persona, e chiedendo l’autorizzazione a procedere, negata dal Parlamento.

Ma dopo qualche mese il caso si ripete, questa volta con una nave Ong, la Sea Watch bloccata a Siracusa e Catania, prima di essere autorizzata a far sbarcare i presunti profughi, con destinazione diversi Paesi europei. Le persone in stato di disagio e difficoltà vengono comunque fatte sbarcare. Ma anche in questo caso la magistratura interviene a gamba tesa, mettendo sotto accusa mezzo Governo, oltre a Salvini, anche Conte, Toninelli e Di Maio.

Il Corriere della Sera, per merito di Fiorenza Sarzanini, ci spiega come si è arivati a questa ennesima decisione della magistratura, sulla base dei rapporti delle autorità centrali e locali.

Si inizia con uno dei documenti chiave per l’indagine, la mail trasmessa il 22 gennaio dal ministero dell’Interno al Centro di coordinamento della Guardia costiera, per negare il permesso di sbarco. Scrive l’ufficiale di servizio: «Sulla base dei documenti trasmessi da codesto comando relativi all’evento avvenuto in acque Sar libiche e per il quale il Centro non ha mai assunto il coordinamento, non sussistono, allo stato attuale i presupposti per l’assegnazione di un place of safety», vale a dire il porto sicuro dove attraccare. I migranti sono stati soccorsi tre giorni prima, il 19 gennaio, e subito dalla Sea Watch hanno chiesto «alle autorità maltesi, olandesi e italiane, ma anche a quelle libiche, di essere autorizzati all’approdo». La relazione evidenzia come il 23 gennaio «mentre le condizioni meteo marine subivano un peggioramento da non rendere lo stazionamento a ridosso dell’isola di Lampedusa sufficiente a garantire le condizioni di sicurezza, la nave – senza alcuna comunicazione ufficiale – intraprendeva una navigazione verso Malta e, oltrepassata quest’ultima, dirigeva verso le coste orientali siciliane esponendo l’unità, l’equipaggio e i migranti a un rischio maggiore sul piano della sicurezza della navigazione».

E per questo si sottolinea che «le unità da pesca si sono dirette verso la Tunisia che si trova a 75 miglia e non verso la Sicilia che invece distava 100 miglia». In realtà il comandante della nave è stato interrogato e ha spiegato di non aver intrapreso quella rotta perché le condizioni del mare non lo permettevano e per questo la sua posizione è già stata archiviata.

La nave è dunque arrivata Siracusa e il 24 gennaio ha ottenuto di rimanere «alla fonda». L’autorizzazione allo sbarco «è arrivata soltanto il 3o gennaio quando il prefetto Gerarda Pantalone, capo del dipartimento Immigrazione del Viminale – ha concesso il Pos». In realtà — ha sottolineato il procuratore Zuccaro — una volta entrata in acque territoriali la nave doveva ottenere il via libera all’approdo. Sequestro di persona, dunque ma — è la tesi del magistrato — per «motivi politivi» dunque insindacabili da parte dei giudici.

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Zuccaro ha trasmesso un unico atto con richiesta di archiviazione coinvolgendo tutti i ministri competenti, ma le carte dimostrerebbero che la regia è stata del Viminale, per cui anche questa volta il tribunale dei ministri, pur in presenza di nuova richiesta di archiviazione, è probabile che l’accolga per gli altri, ma non per Salvini, ormai individuato dalla magistratura come responsabile di tutta una serie di delitti contro i migranti. Arrivando a un prevedibile bis del caso Diciotti.

Paolo Padoin

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