Terrorismo: Nabil Benamir, nella black list di filo-jihadisti, condannato a 5 anni e 10 mesi

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La Stampa ci informa che Nabil Benamir, marocchino, è stato condannato dal tribunale di Genova a 5 anni e 10 mesi per associazione internazionale con finalità di terrorismo (ha beneficiato dello scontro d’un terzo, automatico con il rito abbreviato). Fu arrestato ad agosto 2017 nel capoluogo ligure, su segnalazione degli Stati Uniti e grazie a un’inchiesta condotta dal pm Federico Manotti. Benamir, al contrario di altri fanatici stoppati nel nostro Paese e attivi esclusivamente nel proselitismo web, era stato inserito dalle intelligence internazionali in una black-list di filo-jihadisti e il suo piano d’attacco unanimemente definito «avanzato»: tant’è che nell’estate 2017 il livello d’allerta sulla Liguria si alzò in modo inspiegabile, finché l’arresto di Benamir non fece capire cosa c’era dietro quell’improvvisa preoccupazione. Nel suo smartphone e in un computer furono trovati schemi su come colpire la folla con un camion, come accaduto a Nizza il 14 luglio 2016, e la decrittazione delle comunicazioni telematiche permise di scoprire che era ormai vicinissimo all’azione, per corroborare la quale aveva pure imparato a fabbricare artigianali ordigni. Il suo profilo era molto simile a quello di Mohamed Lahouaiej Boulel, l’attentatore che colpì sulla Promenade des AngAnglais uccidendo 89 persone: Benamir era un violento, avvezzo alla vita randagia e però abile con la tecnologia. E inserito in una rete composta da una decina di persone attive tra Germania, Francia, Spagna e Nord Italia, che via Internet lo stavano guidando fino al gesto estremo. Dopo aver girovagato per l’Europa aveva occupato una casa popolare in teoria murata e sfitta, e i poliziotti erano arrivati a lui anche perché una sera picchiò la compagna. Esaminando poi le sue apparecchiature e incrociandone i dettagli dattiloscopici con i database internazionali, si era scoperto trattarsi d’un potenziale terrorista.

L’Antiterrorismo italiano ha sempre incluso Benamir nella ristretta lista dei più pericolosi insieme a (pochi) altri lupi solitari bloccati nel nostro Paese. Tra questi Elmahdi Alili detto Milo, italo-marocchino di 23 anni bloccato a Torino il 23 marzo di quest’anno e indottrinato in una spirale telematica semplicemente inquietante, e il gambiano Sillah Osman, 34 anni, fermato a Napoli il 25 giugno, a sua volta pronto a lanciarsi sulla folla con un’auto. Figura differente, ma contemplata nella medesima black-list, era quella di Mostafa Omer Abdel Rahman, insegnante italo-egiziano di 59 anni, bloccato a Foggia il 28 marzo dopo mesi d’indagini che avevano permesso di scoprire come inculcasse il fondamentalismo ad alunni giovanissimi, al punto da aver elaborato una sorta di alfabeto illustrato filo-jihadista (il marocchino Benamir condannato oggi e l’italo-tunisino Alili detto “Milo”, sempre intercettati, ne esaltavano la figura commentando le notizie in tv sul suo arresto).

Allo stato sono tutti detenuti e le carceri ritenute il più rischioso luogo di coagulazione dell’estremismo islamico in Italia: il numero dei sospettati tenuti sotto massima sorveglianza è lievitato del 40% nell’ultimo anno, da 365 a 510. Ma proprio perché destinatari di pene relativamente contenute, saranno liberati nel giro di 3-4 anni dopo aver giurato variamente vendetta. E’ vero che contestuale alla scarcerazione scatterà nella stragrande maggioranza dei casi l’espulsione, ma da tempo la Procura nazionale antiterrosimo e le varie articolazioni di Digos e Ros lavorano per la prevenzione e il controllo post-liberazione.

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