Intervista a Riccardo Bruzzani Direttore Confesercenti Pistoia

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Gli aspetti decisivi per il futuro della rappresentanza

Riccardo BruzzaniQuali le priorità della Confesercenti di Pistoia?

Fare sindacato in modo moderno e erogare servizi utili e competitivi alle imprese sono i due aspetti decisivi per il futuro della rappresentanza.

Fare sindacato oggi, come Associazione nazionale, radicata e capillare sui territori, significa impegnarsi per: crescita economica e dei consumi, riduzione della pressione fiscale, riforma e ammodernamento dello Stato, delle Istituzioni nel loro complesso, della burocrazia e della giustizia, dei rapporti con il mondo del lavoro dipendente, combattere la corruzione, affermare la cultura d’impresa, elevare la capacità di proposta. Questi sono i grandi temi dell’azione sindacale che la rappresentanza imprenditoriale deve portare avanti con determinazione. A livello territoriale decisivo, prioritario e urgente è dotarsi di un piano strategico di sistema.

 Cosa significa concretamente?

E’ del tutto inutile ritenere che le scelte localistiche portino alla crescita dell’economia. E’ ancora più inutile pensare che la promozione porti lo sviluppo. Sono stati sprecati milioni di euro con studi e con campagne di promozione senza risultati. E’ ormai dimostrato che nessuno può salvare se stesso. Perseverare è diabolico e forse molto umano. Altra deve essere la scelta. La Toscana è la Regione italiana più conosciuta a livello internazionale. Dovrebbe essere la Svizzera dell’Italia. Abbiamo territori con incredibili potenzialità di sviluppo che, purtroppo, versano nell’impoverimento e nel degrado più cupo. E’ assolutamente urgente integrare lo sviluppo in una dimensione ampia del territorio con progetti di fattibilità finanziabili perché sono collocati in un’ottica di sistema. Soltanto con progetti di rilancio e riqualificazione territoriale sui quali investire le risorse pubbliche e private, in un percorso unitario che veda coinvolti Comuni, Camere di Commercio, categorie economiche, sindacati, realtà sociali, è possibile costruire un nuovo modello di sviluppo sostenibile ed integrato. La soppressione delle Province esige la ridefinizione della governance con soluzioni condivise e, soprattutto, efficaci. Tutti dobbiamo riprogrammarsi allargando l’orizzonte, poiché i confini amministrativi rappresentano un limite allo sviluppo.

Bisogna partire da questa visione ampia, di sistema e dare concretezza a veri piani strategici.

Quali sono le attrattive del territorio, i punti di forza e quali investimenti pubblici e privati effettuare affinché essi diventino attrattori per una nuova economia, sviluppo turistico, posti di lavoro?

Decisivo è attuare attività concrete di programmazione integrata.

Partire, dunque, dal territorio ampio senza anacronistici confini e dalle sue fondamentali risorse.

Come dare servizi necessari alle imprese. Ecco l’altro aspetto fondamentale. Qui si evidenzia la centralità del processo di cambiamento, imposto dalla stessa crisi, che ha intrapreso Confesercenti Pistoia, che dovrà realizzarsi in un percorso di radicale cambiamento di tutta l’Associazione nazionale. Per quanto ci riguarda la nostra finalità è lavorare a favore del commercio diffuso, di vicinato del nostro territorio, laddove maggiori sono le difficoltà delle piccole imprese. Dobbiamo conservare e sviluppare la funzione di essere associazione di prossimità.

Come la crisi economica e le sue conseguenze sulle imprese hanno cambiato il modo di essere della Confesercenti Pistoia?

Dal 2008 abbiamo lavorato incessantemente per fare fronte alla ricaduta della crisi sulla struttura dell’Associazione. Sono stati anni duri, faticosi e di sacrificio, con riduzione dei ricavi, difficoltà nella riscossione del lavoro compiuto, causa la chiusura di tante imprese/clienti. Non ci siamo fatti travolgere. Il primo obiettivo che ci siamo posti è stato quello di mantenere sani i bilanci del sistema. La seconda priorità è stata: cambiare l’organizzazione del lavoro. Le finalità sono state quelle di aumentare la produttività ed elevare la qualità dei servizi. Produrre di più con un numero inferiore di dipendenti. Abbiamo abolito la riscossione dei servizi prestati alle casse centralizzate trasferendola ai dipendenti dei vari servizi.

Ciò ha permesso di liberare personale e riconvertirlo, tramite la formazione, a nuove funzioni, con risultati positivi sugli stessi ricavi. Il bilancio complessivo del sistema è dato dettagliatamente dalla somma dei singoli bilanci di area dei servizi, consentendo così di operare sui costi e sui ricavi con dati precisi perché allocati in modo corretto. Sono stati istituite e rafforzate aree finalizzate allo sviluppo associativo, alle innovazioni, al turismo, al credito, al CAT, con la finalità di essere utili alle imprese, dando loro supporto e sostegno. E’ stato possibile investire per la formazione (Cescot), puntando su professionalità e qualità con rilevanti risultati, dovuti all’acquisizione di bandi, sulla scuola di cucina nella sede di Montecatini Terme, sull’incrocio tra domanda e offerta di lavoro e sulla formazione di giovani per l’occupazione.

Tutto questo come è stato possibile?

Con un lavoro incessante per mettere in relazione la riforma organizzativa con la visione complessiva del sistema Confesercenti. Funzionare come sistema e non più a compartimenti stagni dove ogni area vede solo se stessa. Questa è stata la scommessa.

E’ stata vinta questa scommessa?

E’ una vittoria che va confermata giorno per giorno. Si tratta di una rivoluzione culturale, prima che di capacità operativa.

Non è facile per nessuno cambiare modi di fare e abitudini consolidate, superare la paura di perdere certezze esistenti e sostituirle con il nuovo da costruire. Non siamo arrivati per caso a importanti risultati, sempre migliorabili.

Negli ultimi 8 anni è stata effettuata una formazione continua dei dipendenti, li abbiamo coinvolti, affrontando i problemi con trasparenza. E’ onesto (lo faccio con soddisfazione) riconoscere che il merito degli obiettivi raggiunti va ai dipendenti.

Il risultato più importante?

Il cambiamento di mentalità, di cultura del lavoro, oggi acquisita come un valore e non un’imposizione e particolarmente: A) misurare i risultati del proprio lavoro, sia in termini economici, sia per la sua qualità e la conseguente soddisfazione del socio/cliente. In definitiva è cambiata in meglio la produttività aziendale ed e il suo valore. B) I dipendenti oggi si considerano parte attiva di un sistema che produce oltre 10 servizi. Questo ci ha salvato dalla crisi perché è stato possibile compensare ricavi di servizi in calo con quelli in crescita, ma tutti in un equilibrio economico di bilancio.

Quali i passi ulteriori da compiere?

Tre i principali. Il primo relativo agli investimenti necessari alla massiccia introduzione delle innovazioni tecnologiche che permettano ulteriori incrementi della produttività e la personalizzazione del rapporto struttura e soci/clienti. Voglio dire che le tecnologie consentono di ridurre i tempi di lavoro negli aspetti esecutivi e di aumentare il tempo a disposizione per le consulenze di qualità alle imprese, per le progettualità da costruire insieme agli imprenditori, utili per l’aumento dei ricavi delle loro aziende, per la conoscenza del mercato e delle possibilità di nascita e di sviluppo delle piccole imprese. Il secondo si riferisce al bisogno di agire ancora più in profondità sull’organizzazione del nostro sistema, ad iniziare da orari di lavoro pensati per ogni singola area di servizi e funzionali ai bisogni dei soci e dei clienti, coerenti con la domanda ed il mercato. Non siamo più nel “900. La struttura che eroga i servizi deve essere totalmente innovativa e qualificata. Soltanto così si riuscirà a rendere tangibile la consapevolezza che il nostro vero patrimonio è costituito dai soci e dai dipendenti. E’ finito il tempo di ritenere che i servizi forniti da una struttura associativa siano di serie B. Devono essere di serie A. Perciò, professionalità, qualità, competitività dei singoli servizi, valore aggiunto per una gamma di offerta ampia, mirata, innovativa. In questo quadro è indispensabile introdurre parametri di produttività, premi di produzione, forme innovative di partecipazione dei dipendenti nella gestione aziendale.

Il terzo è inerente ad una profonda riforma delle strutture dei servizi, dove l’obiettivo è realizzare, in una dimensione che superi gli ambiti territoriali, economie di scala, produttività, innovazioni, qualità, a vantaggio dei soci/clienti. Oggi è chiaro che: o siamo utili davvero alle imprese o le associazioni servono a ben poco e la rappresentanza non esce da una crisi che può diventare irreversibile.

La rappresentanza associativa deve profondamente cambiare?

Certamente. Siamo in ritardo. Impera ancora la miopia divisiva. Ognuno cura il proprio orticello e ne è geloso, quando tutto è cambiato ed il mondo economico è radicalmente diverso rispetto a pochi anni fa. I bisogni delle imprese non s’identificano con i problemi delle associazioni imprenditoriali. I temi veri sono la crescita del mercato interno, del turismo e dell’economia, in un quadro di sostenibilità, innovazione e qualità delle città e dei territori. Artefici di una prospettiva di benessere sono le imprese, insieme ai loro dipendenti. Per le aziende essere associati a questa o quella associazione non cambia molto, se la rappresentanza non esercita una funzione adeguata per affermare cultura d’impresa, politiche per la crescita, nuove relazioni tra impresa e dipendenti.

La divisione esistente delle associazioni rende impercettibile questa funzione. La crisi degli organi intermedi ha origine da ciò, più che dalla scarsa considerazione verso il mondo associativo da parte del Governo Renzi. La scelta, alta nelle intenzioni, di Rete Imprese Italia non si realizzata nei fatti, nonostante l’impegno profuso dai presidenti nazionali di Confesercenti.

A Pistoia come sono i rapporti tra le associazioni?

A Pistoia, Capitale della Cultura Italiana per il 2017, è quasi sicuro che non riusciremo a mettere insieme tutte le associazioni in un contributo unitario e complessivo. E’ assurdo che ci sia ancora chi preferisce vedere naufragare un progetto, perché non proprio, anziché la sua riuscita. Mi sono più volte domandato se esiste un editto divino, in base al quale Confesercenti deve essere perennemente esclusa dal governo della CC.I.AA. che tra l’altro sono costrette ad accorparsi. Per la partecipazione a bandi, soprattutto inerenti la formazione, le cordate ad escludendum a Pistoia sono legge pare immutabile. Tutto deve restare com’è? E’ una concezione arrogante, vecchia e miserevole. Niente a che vedere con gli interessi delle imprese e dell’economia. Nessuno è infallibile ed esente da errori. Non vorrei, però, come tipicamente succede, che tutti siamo colpevoli allo stesso modo. Così nessuno è colpevole. Le responsabilità vanno misurate e pesate soggettivamente. Del resto anche sul versante delle Istituzioni non va molto meglio. La fusione dei Comuni (ben 22 per circa 250.000 abitanti, tolto il Comune capoluogo con una media di circa 7.000 abitanti a Comune) è avversata, non in ragione di valori storici, culturali, di partecipazione e democrazia, ma semplicemente per la conseguente riduzione di poltrone. Meglio che non fare niente i Sindaci si mettano insieme per iniziare perlomeno un processo di cambiamento, al fine di uscire dal localismo per attuare progetti strategici fattibili per la crescita.

Tornando alla rappresentanza associativa, sarà possibile una sua riforma?

E’ indispensabile e urgente pensare e costruire nuovi percorsi fattibili con chi è disponibile. Costruire una vera novità contraddistinta da un programma innovativo e per la semplificazione della rappresentanza delle imprese. Una scelta storica per nuovo soggetto aggregativo. Insomma, Papa Francesco è impegnato in una grande opera, quella di riunire sotto il tetto della Cristianità Cattolici, Ortodossi, Luterani. L’Europa avrà un futuro se procederà nel processo federativo. Sono state soppresse le Province e il bicameralismo perfetto, se il referendum confermerà la decisone del Parlamento. La rappresentanza associativa resta al “900? Il tema non è sicuramente risolvibile a Pistoia, neppure in Toscana, ma un nuovo modello della rappresentanza è fondamentale per le imprese e il benessere economico e sociale, anche per contribuire a cambiare una società scontenta ed un mondo dilaniato e per tanti aspetti inquietante.

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