Le navi Ong solcano il Mediterraneo e trasbordano migranti

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Se ne parla da anni ma solo nelle ultime settimane sono entrate prepotentemente nel dibattito pubblico. Aquarius, Lifeline, Iuventa, ProActiva Open Arms e così via. Poche decine di metri e un carico di esseri umani (spesso superiore alla loro portata) soccorsi mentre si trovavano in balia delle onde. C’è chi le chiama i taxi del mediterraneo. Definizione spesso contestata ma azzeccata. Non fanno pagare la corsa ma fanno più volte la spola tra le zone di recupero e i Paesi dell’Europa meridionale, soprattutto l’Italia, alla ricerca di un porto sicuro dove far sbarcare i migranti. Alcune sono di proprietà di organizzazioni umanitarie attive in tutto il pianeta, altre di realtà più piccole. Il loro ruolo è oggetto di una discussione accesa, nella quale non mancano polemiche e accuse.

Mentre i governi della sinistra (Letta, Renzi e Gentiloni) aprivano le porte e i porti a queste imbarcazioni che ci hanno scaricato caterve di migranti irregolari, il ministro Salvini ha imposto lo stop e questi taxi del mare adesso salpano prevalentemente verso la Spagna.

Le organizzazioni non governative (Ong appunto) sono entità senza fini di lucro, indipendenti dagli Stati e dalle istituzioni internazionali (Onu, Unione europea ecc), nate dalla libera associazione di privati che intendono perseguire determinate finalità, solitamente quella umanitaria. Il loro sostentamento (di norma) è assicurato da donazioni, elargizioni filantropiche e (in particolare per quelle più grandi) da finanziamenti pubblici.

Save the Children (la più antica), Amnesty International, Emergency e Medici Senza Frontiere (Msf) sono le più famose organizzazioni in tema di tutela dei diritti umani. Di queste, però, nessuna è attualmente attiva con proprie navi nel Mediterraneo. L’unica ancora, in parte coinvolta, nelle operazioni di salvataggio è Msf, che nel 2017 si è rifiutata di sottoscrivere il codice di condotta delle ong imposto dall’ex ministro italiano dell’Interno, Marco Minniti, e oggi presta assistenza con il proprio personale sanitario sull’Aquarius della franco-tedesca Sos Mediterranée. Oltre a questa ci sono la SeaWatch (della teutonica SeaWatch.org), la spagnola ProActiva Open Arms (sequestrata lo scorso marzo su ordine della Procura di Catania e poi rilasciata in aprile) e la Lifeline (della ong tedesca Mission Lifeline), anche questa accusata di attività illegale. Quattro in tutto.

Una delle principali controversie riguardanti queste imbarcazioni è l’uso di un vessillo diverso rispetto a quello della nazione dove ha sede l’ong proprietaria. L’ultimo caso riguarda proprio la Lifeline, tedesca ma battente bandiera olandese. Si tratta della cosidetta bandiera di comodo, cui si ricorre quando le pratiche di registrazione di una nave nel Paese d’origine sono particolarmente complesse o se si vuole accedere a un regime fiscale più favorevole. Il tutto avviene pagando un contributo allo Stato presso cui si vuole essere registrati. Per agevolare tale prassi esistono anche appositi siti web che a prezzi modici (il rage è 300/600 euro a seconda se gli interessati siano europei o non) offrono il “cambio di insegna”. La questione non è di poco conto, perché dalla bandiera dipende anche la giurisdizione cui l’imbarcazione è soggetta.

Un’altra questione su cui si è discusso concerne le tratte compiute da queste navi. Lo scorso anno in rete spopolò la video inchiesta realizzata dal giovane blogger italiano Luca Donadel, il quale, mediante un sistema di tracciazione satellitare, cercò di dimostrare che buona parte dei salvataggi avveniva non nel Canale di Sicilia (di competenza quasi esclusivamente italiana) ma a poche miglia nautiche dalle coste libiche e tunisine. Di conseguenza, si chiedeva, per quale motivo gli sbarchi avvengono quasi sempre sulle nostre coste?

A questa domanda una risposta l’hanno data i ministri Salvini e Toninelli: la colpa sarebbe di Renzi che ha sottoscritto l’operazione europea Sofia, accettando di far sbarcare tutti i migranti in Italia, in cambio di qualche vantaggio per la flessibilità economica.

Inchieste iniziate da alcune procure siciliane hanno dimostrato come il comportamento di queste organizzazioni talvolta non sia stato proprio limpido e hanno sottolineato l’opportunità di verificarne le fonti di finanziamento. Il Governo italiano in questo momento ha posto il veto all’ingresso in Italia di queste navi, ma occorre una regolamentazione europea al riguardo che faccia chiarezza sulla natura e sul tipo di attività e di finanziamenti di queste associazioni.

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