Pensioni e reddito di cittadinanza: tempi e spesa condizionano il progetto giallo-verde

Share on FacebookShare on Google+Tweet about this on TwitterPrint this pageEmail this to someone

Man mano che i ministri interessati prendono possesso dei loro uffici, parlano con i funzionari competenti, si precisano meglio i contenuti e limiti delle riforme realizzabili, al di là del contratto di governo del cambiamento sottoscritto fra Di Maio e Salvini.

Il tema delle pensioni è uno dei più controversi e riguarda soprattutto l’allargamento delle maglie della legge Fornero che ci sarà, ma nelle intenzioni del nuovo governo pentastellato non dovrebbe essere devastante per i conti pubblici. Il capitolo previdenza è uno di quelli che nel contratto per il cambiamento è stato già quantificato con la previsione di un incremento di spesa massimo pari a cinque miliardi l’anno. L’intervento principale consiste nel parziale ripristino della pensione di anzianità, abolita con la riforma del 2011 e sostituita da un trattamento anticipato con vincoli molto più rigidi.

I canali di uscita saranno due. Il primo, la cosiddetta quota 100, richiederà che l’interessato abbia maturato contemporaneamente un requisito di età e uno di contribuzione, il cui totale in anni deve appunto dare 100. Ma proprio per limitare le uscite è previsto un requisito minimo di età a 64 anni. Quindi 64 più 36 di contributi, ma non 63+37: eventualmente potrebbe essere prevista anche la possibilità di lasciare con 65+35, considerando che 35 anni di contribuzione è il limite minimo sempre richiesto anche per la pensione di anzianità ante-Fornero.

Ma tutto dipenderà dalle verifiche sui numeri, perché comunque il tetto di cinque miliardi non potrà essere superato. In fondo questo schema replica con requisiti più esigenti quello di quota 97 che doveva essere il punto di arrivo del precedente regime (mai scattato): in quel caso l’età minima era fissata a 61 anni. Per una limitata platea di lavoratori però – quelli interessati dall’Ape sociale – l’asticella a 64 potrebbe risultare penalizzante perché il paracadute predisposto dal governo Gentiloni prevede la possibilità di usufruire dell’assegno-ponte anche a 63 anni e con 30 di contributi nel caso di disoccupazione o invalidità. L’Ape sociale è in vigore in via sperimentale fino a tutto il 2018 e l’attuale governo non ha manifestato l’intenzione di prorogarlo; dal 2019 potrebbe quindi scattare la nuova pensione di anzianità.

L’altro canale sarà quello esclusivamente contributivo: 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età. In realtà potrebbe essere aggiunto qualche mese per recuperare i passati incrementi legati all’aumento dell’aspettativa di vita.

Del programma di governo fa parte anche il ripescaggio della cosiddetta opzione donna, che è stata in vigore dal 2004 al 2015, con una piccola proroga. Prevedeva per le lavoratrici la possibilità di lasciare il lavoro con almeno 57 anni e sette mesi di età (uno in più per le autonome) e 35 anni di contributi. Il contrappeso di questo regime decisamente favorevole è l’importo della pensione, ridotto del 20-30 per cento a causa del calcolo contributivo (anziché retributivo) sull’intero ammontare.

Infine l’altro progetto a cui lavora la maggioranza giallo-verde riguarda non chi deve ancora lasciare il lavoro ma i pensionati: quelli che percepiscono meno di 780 euro al mese potrebbero vedere il proprio trattamento elevato fino a questa soglia, con una sorta di pensione di cittadinanza. Si tratta però di un progetto potenzialmente molto costoso, che dovrà attingere a risorse diverse dai 5 miliardi l’anno prenotati per la correzione della legge Fornero.

Si tratta di un processo in progress, per cui domani potrebbe essere già un altro giorno.

Calendario Tweet

aprile 2024
L M M G V S D
« Mar    
1234567
891011121314
15161718192021
22232425262728
2930