Pensioni: giudizio severo della Commissione Ue, che si appresta a chiedere all’Italia altri sacrifici

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Il giudizio della Commissione Ue sul sistema pensionistico italiano è impietoso. Per gli esperti comunitari l’Italia spende tanto, ma male, il sistema offre una «inadeguata protezione contro la povertà». Si spende tanto perché la spesa previdenziale è destinata a salire in modo esponenziale nei prossimi anni. E’ ben vero che fino al 2020 la spesa resterà stabile al 15,6% del Pil a causa dei requisiti più stretti e delle norme più severe sui pensionamenti anticipati (una quota che per la Uil al momento è «ampiamente sostenibile»), ma si prevede però che la spesa pensionistica crescerà fino al 2040, quando arriverà al 18,7% del Pil.

«Nonostante l’alta spesa pensionistica – si legge nel testo preparato dai tecnici di Bruxelles – la sicurezza in età avanzata non è uniforme in Italia: il sistema previdenziale svolge efficacemente la funzione di mantenimento del reddito, tuttavia la protezione contro la povertà è inadeguata. Sebbene in Italia gli anziani stiano relativamente meglio in termini economici delle controparti più giovani – continua la Commissione – appaiono debolezze quando i dati italiani vengono paragonati alle medie Ue». E qui i numeri non mentono: nel 2008 il 6,7% degli over 65 italiani erano in situazione di povertà, contro una media Ue del 7,6%, ma poi, con la crisi economica la situazione si è capovolta. Nel 2016 gli anziani a rischio deprivazione, ossia poveri, erano schizzati al 10,9% mentre la media europea si riduceva al 5,9%.

La riforma delle pensioni del 2016, riconosce la Commissione Ue, «ha affrontato queste sfide, ma non tanto da invertire la rotta, una rotta su cui, inoltre, pesa un grande rischio: l’interazione tra regimi legali, mercato del lavoro flessibile, basse contribuzioni di lavoratori autonomi e atipici, bassa copertura degli schemi supplementari possono portare a pensioni inadeguate per chi ha carriere brevi e interrotte». In sostanza la precarizzazione del lavoro oggi si rifletterà molto probabilmente in pensioni da fame domani.

La spesa previdenziale in Italia è destinata a salire fino al 18,7% del Pil nel 2040, prima di iniziare a scendere per tornare al 13,9% nel 2070, queste le stime a medio-lungo termine di Bruxelles. Andando sul breve, «la spesa pensionistica in Italia rimarrà stabile al 15,6% del Pil fino al 2020 grazie a condizioni più strette sui requisiti per andare in pensione e regole più severe sui pensionamenti anticipati», dice il documento.

«Dal 2020 al 2040, si verificherà l’aumento della spesa pensionistica in gran parte dovuto alle previsioni di bassa crescita della produttività e all’evoluzione demografica. Dopo il 2040 la spesa pensionistica scenderà di nuovo al 13,9% (del Pil) nel 2070, grazie agli effetti compensativi delle sostanziali riforme delle pensioni adottate in passato, in particolare l’introduzione del sistema contributivo, l’adeguamento dell’età pensionabile alle aspettative di vita e un aumento dei tassi di occupazione tra gli anziani».

Questo il giudizio degli esperti della Commissione, che hanno spesso fallito nelle loro previsioni per la scarsa conoscenza del sistema italiano, soprattutto perché si confondono assistenza e previdenza. Se si scorpora la spesa per l’assistenza infatti il sistema, a giudizio di tutti gli esperti, è destinato a restare in perfetto equilibrio anche per gli anni a venire, anche dopo il 2040. Gli esperti comunitari dunque falliranno anche questa volta, sperando che comunque, nella loro arroganza e insipienza, non ci costringano a ulteriori, inutili sacrifici. I pensionati italiani hanno già dato, tocca adesso ad altre categorie contribuire a risanare i buchi dell’Inps del bocconiano presidente Tito Boeri.

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