Pd al governo con M5S? Numeri, correnti e posizioni in direzione. Dove decide Renzi

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La maggioranza renziana, nel Pd, è schiacciante sia in Direzione che nei gruppi parlamentari. In sostanza, su 209 voti, l’ex premier ne conta 128. Dunque, quale sarà la decisione della riunione di giovedì prossimo 3 maggio sul confronto con i 5 Stelle, non potrà prescindere della volontà dell’ex-leader dem. Si potrebbe arrivare a una decisione concordata tra tutte le anime Pd oppure in caso di mancato accordo, se si andrà a una conta, la linea sarà con ogni probabilità decisa a maggioranza da Renzi. A meno di variazioni significative nei numeri della Direzione. Per far finire in minoranza l’ex segretario, occorrerebbe un travaso sostanzioso dal fronte renziano. Questi i numeri al momento: 209 componenti (maggioranza 105), 128 sono ascrivibili all’area Renzi contando i 117 renziani, gli 8 componenti che fanno capo a Matteo Orfini e 3 a Graziano Delrio (sebbene la linea del capogruppo dem non sia del tutto coincidente con quella manifestata in queste settimane da Renzi). Poi ci sono tutti gli altri tra la corrente di Dario Franceschini (20), Michele Emiliano (14), Andrea Orlando (32). C’è poi la prodiana Sandra Zampa, 2 membri di area Veltroni, «5 cani sciolti». e i 9 del segretario reggente Maurizio Martina.

RENZIANI – Il fronte renziano dei 128 in Direzione si articola tra ortodossi e un gruppo corposo di personalità che hanno sostenuto l’ex-segretario in questi anni. A partire dal «club dei ministri» con il premier Paolo Gentiloni in testa. Tuttavia, potrebbero esserci delle novità su quest’ultimo versante. Per dire, nei giorni scorsi, nel momento delle tensioni tra renziani e Martina troppo aperturista nei confronti dei 5 Stelle, Marianna Madia si è schierata con il reggente. Di certo, in Direzione i fedelissimi sono molti: Luca Lotti, Francesco Bonifazi, Maria Elena Boschi, Dario Parrini, Andrea Marcucci, Davide Faraone, Ettore Rosato, Anna Ascani, Alessia Morani, Luciano Nobili fino al successore a Firenze, il sindaco Dario Nardella, solo per citarne alcuni. A questi vanno aggiunti gli 8 di Orfini e (forse?) i 3 di Delrio.

FRANCESCHINI – Ne ha 20. In queste settimane il ministro dei Beni Culturali ha tenuto una posizione politica chiara, ribadita e alternativa rispetto al tocca a loro di Matteo Renzi. Già subito dopo le elezioni. In un”intervista al Corriere il 13 marzo, Franceschini si era mosso per scongelare i dem. Stesso pressing nella riunione dei gruppi Pd a fine marzo e quindi nei giorni scorsi a Repubblica, il ministro ha caldeggiato il confronto tra Pd e 5 Stelle: «Io dico che bisogna tentare questa strada senza pregiudiziali. Mettiamo in campo le proposte del Pd come ha iniziato a fare Martina. Vediamo se c’è uno spazio di confronto basato sui
programmi».

MARTINA – Ne ha 9. Una reggenza tra l’incudine e il martello, quella di Martina, in equilibrio tra le spinte contrapposte nel Pd. Una collegialità che, però, se non si trovasse un accordo di tutte le anime dem nella Direzione di giovedì sui 5 Stelle, potrebbe dover scegliere uno dei fronti. E l’atteggiamento di Martina negli ultimi giorni è stato di certo più dialogante con M5S rispetto a quello dei renziani ortodossi.

ORLANDO – Ne ha 32. Andrea Orlando in queste settimane ha tenuto una linea di cauta apertura verso i 5 Stelle ma, negli ultimi giorni, si è iscritti nel correntone che spinge per andare a vedere le carte del M5S prima di no preventivi.

EMILIANO – Ne ha 14. Sostenitori del dialogo con i 5 Stelle dal giorno dopo le elezioni del 4 marzo. Non hanno cambiato posizione.

ULIVISTI E VELTRONIANI – Ne hanno 3. Anche questa piccola componente della Direzione ma che fa capo ai fondatori del Pd, Romano Prodi e Walter Veltroni, appartiene al fronte degli aperturisti nei confronti di M5S.

Ernesto Giusti

 

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