Bardonecchia: la Francia cerca di riparare i cocci, ma l’Italia accusa ancora

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Si complica sempre più l’affaire intrusione dei doganieri. I francesi insistono nel sostenere di non aver commesso alcuna violazione, ma preannunciano che in settimana il direttore generale delle Dogane francesi, Rodolphe Gintz, sarà in Italia per incontrare il suo omologo italiano e ripristinare l’accordo, ora sospeso.
Secondo il gabinetto del ministro francese Darmanin, che sarà prossimamente a Roma (la data non è stata ancora stabilita), gli sconfinamenti per controlli, previsti dall’accordo del 1990 sia da parte francese sia da parte italiana, sono frequenti. Ne avvengono in media uno o due al mese, compresi quelli nei locali in questione, cioè la stazione di Bardonecchia. Inoltre, precisano le fonti, in questo caso non si trattava di un controllo migratorio ma di una ricerca di stupefacenti.

Per il ministro Darmanin, che ha chiesto dal Direttore delle dogane di recarsi subito in Italia, «gli incontri dovrebbero consentire la ripresa dell’accordo di cooperazione doganale in tutti i suoi punti, compresa l’utilizzazione del locale nella stazione di Bardonecchia». Il gabinetto del ministro ha precisato anche che non si ricordano finora incidenti del genere nell’esecuzione dell’accordo tra Francia e Italia e che proprio la logica dell’intesa vuole che tali, previsti, sconfinamenti possano avvenire senza la necessità di avvertire i doganieri dell’altro paese. «Il fatto che il locale si stato di recente messo a disposizione di una ong non cambia in nulla il fatto che resta a disposizione dei doganieri francesi».

Il blitz di venerdì scorso dunque continua ad essere al centro della contesa diplomatica tra Francia e Italia, perché visto da due punti di vista diametralmente opposti: un’irruzione illegale dei doganieri francesi in locali della Ong di Bardonecchia – a parere del nostro governo e della Procura di Torino che ha aperto un fascicolo per abuso d’ufficio, violenza privata aggravata e violazione di domicilio. Un controllo di frontiera legale e autorizzato da accordi pregressi tra Francia e Italia, secondo le autorità francesi.

Rainbow4Africa difende il suo operato: «cerchiamo di convincere le persone a non tentare l’attraversamento dei passi alpini perché troppo rischioso sia per chi lo fa e anche per chi è chiamato a soccorrere», dice rispondendo anche ad un tweet del senatore Maurizio Gasparri che aveva dichiarato che la località piemontese «è un punto di passaggio per i clandestini verso la Francia e di fatto le Ong e altre realtà supportano questo transito illegale».

«La maggior parte – scrive Rainbow4Africa – delle persone che sono arrivate alla nostra osservazione a Bardonecchia (ormai oltre mille) non sono clandestini, ma richiedenti asilo e come tali dotati di permesso di soggiorno temporaneo. Inoltre la funzione del nostro progetto, oltre ovviamente al trattamento sanitario, prevede la dissuasione del tentativo di attraversamento della frontiera».

In questo clima teso sembra improbabile che si ripristini un accordo fra le due parti in causa, troppa è la distanza fra le interpretazioni non solo del fatto in sé, ma anche della politica da sviluppare contro (o a favore, dipende dai punti di vista) dell’immigrazione.

Il gesto del prefetto di Torino, Renato Saccone, che ha visitato la stanza dei volontari alla stazione di Bardonecchia non faciliterà certo la ripresa di buoni rapporti con il collega di Chambéry, anche se credo che il previsto incontro fra i due a Torino, per il 16 aprile, cederà il passo giustamente a colloqui fra Direttori generali e Ministri, a un livello più alto e politicamente più rilevante, con tutto il rispetto per i due prefetti.

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