Bardonecchia, blitz della dogana francese: caso diplomatico fra Italia e Francia

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Diventa un caso diplomatico il blitz dei gendarmi francesi in un centro di migranti a Bardonecchia. Attaccano i francesi innanzitutto la pretenziosa Ong Rainbow4Africa, che ha denunciato quanto avvenuto (‘Grave ingerenza’), FdI (‘Non siamo la toilette di Macron’), il sindaco (‘Non si permettano più’), Enrico Letta (‘ennesimo errore sulla questione migranti’). Scende in campo anche il leader della Lega, Matteo Salvini, secondo il quale i diplomatici francesi devono essere cacciati.

Quello dei doganieri transalpini è stato sicuramente un intervento arrogante, in spregio delle prerogative delle autorità di frontiera italiane, come spiegherò in seguito, ma siamo sicuri di essere completamente dalla parte della ragione, visto che Parigi rivendica la legittimità dell’intervento?

FARNESINA – Interviene la Farnesina: “Abbiamo chiesto spiegazioni al governo francese e all’ Ambasciata di Francia a Roma, attendiamo a breve risposte chiare, prima di intraprendere qualsiasi eventuale azione”. Il ministero degli Esteri convoca, quindi, l’ambasciatore francese a Roma.

FRANCIA – Il ministro francese dei conti pubblici, Gérald Darmanin, cui fanno capo i doganieri, in un comunicato, afferma: “Al fine di evitare qualsiasi incidente in futuro, le autorità francesi sono a disposizione di quelle italiane per chiarire il quadro giuridico e operativo nel quale i doganieri francesi possono intervenire sul territorio italiano in virtù di un accordo (sugli uffici di controlli transfrontalieri) del 1990 in condizioni di rispetto della legge e delle persone”. Si tratta di un accordo che, in circostanze e con modalità completamente diverse, io stesso ho fatto applicare diverse volte, quando ero prefetto di Torino, in accordo con i prefetti di Chambéry e di Gap.

VIMINALE – Interviene anche il Viminale, che giudica «inesatte» le giustificazioni di Parigi e censura non tanto l’attività di polizia, prevista da accordi internazionali, ma le modalità con cui i doganieri armati hanno fatto incursione in una sala affidata ad un privato che si occupa di accoglienza dei migranti in territorio italiano. A riprova del fatto che i doganieri francesi sapevano di non potere utilizzare il locale della stazione piemontese ci sarebbe una mail di un funzionario della Dogana francese scritta il 13 marzo scorso a Rfi nella quale lamenta l’impossibilità da parte degli agenti francesi di potere usare la sala della stazione di Bardonecchia «perchè occupata da altra gente». Per questo motivo il prossimo 16 aprile è in programma una riunione tra i prefetti di Torino e di Chambéry con all’ordine del giorno anche l’uso dei locali della Stazione di Bardonecchia che nel 2017 sono stati affidati dal Comune alla Ong Rainbow4Africa.

PROCURA – Abuso in atti di ufficio, violenza privata e violazione di domicilio. Questi i reati ipotizzati dalla procura di Torino nel fascicolo di indagine aperto per fare luce sui fatti di Bardonecchia, dove la pattuglia di agenti francesi delle Dogane ha svolto un controllo di tipo sanitario su un migrante in una sala utilizzata da una Ong come centro di accoglienza. Per ora il procedimento è a carico di ignoti, anche perché non si conoscono le generalità degli agenti transalpini. Si sta valutando anche l’eventuale sussistenza del reato di perquisizione illegale. Il procedimento è stato aperto dopo l’invio di una prima annotazione da parte del commissariato di polizia di Stato di Bardonecchia.

In questo caso gli agenti della dogana francese accompagnavano un migrante, come altre volte in passato. Solo che anziché scaricarlo davanti alla stazione, sono entrati nei locali della Ong, costringendo il profugo al test delle urine e intimidendo un medico, i mediatori culturali e i volontari dell’Asgi, l’associazione per gli Studi giuridici sull’immigrazione. Ad allontanare gli agenti transalpini ci ha pensato il personale del Commissariato, avvisato dalla stessa Ong di quanto stava accadendo. Per giustificare, almeno dal punto di vista legale, l’irruzione, le autorità francesi si rifanno, come accennato, alla legge numero 824 del 20 giugno 1965, la “ratifica ed esecuzione della Convenzione tra l’Italia e la Francia relativa agli uffici a controlli nazionali abbinati ed ai controlli in corso di viaggio”.

L’articolo che sancirebbe la legittimità dell’azione è il numero 2, in particolare il comma b, che mette in chiaro come sia possibile effettuare “controlli nei veicoli in corso di viaggio, su percorsi determinati, autorizzando, di conseguenza, gli agenti di uno dei due Stati a esercitare le loro funzioni sul territorio dell’altro Stato”. Il tutto, spiega l’articolo, “in vista di semplificare e di accelerare le formalità relative al passaggio della loro frontiera comune”, quella tra Italia e Francia. Certo, resta il fatto che l’azione dei doganieri armati è stata irrituale, ma in punto di diritto pare legittima, soprattutto se si fa riferimento all’articolo 5 della Convenzione che prevede: “Gli agenti dello Stato limitrofo non possono arrestare nella zona, ne’ condurre sul loro territorio, le persone che non vi si recano,salvo che esse violino nella zona le norme di legge, regolamentari o amministrative dello Stato limitrofo relative al controllo doganale”. Che sembra proprio il caso invocato dai francesi, anche se le modalità d’intervento sono state eccessive e in violazione delle prerogative delle nostre autorità di sicurezza e di frontiera, che avrebbero dovuto essere avvertite e partecipare all’operazione. Tanto più che il successivo articolo 9 prevede che gli agenti dei due Stati si prestano, in tutta la misura possibile, assistenza per l’esercizio delle loro funzioni nella zona, in particolare per regolare lo svolgimento dei loro rispettivi controlli.

Il Viminale nel frattempo sta valutando l’opportunità di sospendere le ‘incursioni’ all’interno di tutto il territorio italiano da parte del personale delle forze di polizia e dei doganieri francesi.

STOP CONTROLLI – La Francia tenta di stemperare la tensione: “Ho chiesto ai doganieri, che non hanno fatto nulla di illegale, di sospendere il funzionamento del nostro accordo, in attesa di una mia visita al governo italiano. Se bisogna rivedere l’accordo, ovviamente lo faremo”, ha detto il ministro francese dei Conti Pubblici, Gérald Darmanin, nella trasmissione ‘Grand jury’ di Lci-Rtl-Le Figaro. In un tweet, Darmanin ha poi sottolineato che “l’Italia è una nazione sorella”.

Sembra proprio che in questo caso solo poche regole di tutte quelle previste dagli accordi siano state rispettate. Molte pecche dunque stanno dal lato francese, anche se non si deve sottacere l’arroganza delle onnipresenti associazioni nazionali e internazionali che assistono i migranti e cercano di giustificare in qualunque modo il loro operato. Anche queste non sono certo esenti da critiche e complicano maledettamente le situazioni e i rapporti internazionali.

Paolo Padoin

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