Elezioni: nessuna coalizione oltre il 40%, le difficili scelte del Presidente Mattarella. Le forme di incarico possibili

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La confusione creata nei seggi dalle disposizioni della nuova legge elettorale, il Rosatellum, e l’impossibilità, stando alle dichiarazioni preelettorali dei partiti, di creare una maggioranza che trovi d’accordo alcuni degli schieramenti prevalenti, fanno presagire un compito difficile per il Presidente Sergio Mattarella. Visto che nessuno degli schieramenti – non solo sulla base delle proiezioni degli istituti specializzati, ma anche in base ai primi dati reali forniti dal Viminale (28% dello spoglio) – è in grado di raggiungere il 40%, che costituisce la percentuale fissata dalla legge elettorale per ottenere una maggioranza che consenta di governare, saranno necessarie lunghe e complicate consultazioni per sciogliere il nodo governabilità, e non sarà certo una soluzione a breve.

Infatti la situazione alle ore 5,30 di oggi 5 marzo, ci presenta questo quadro, stando appunto ai primi dati forniti dal sito ufficiale del Viminale sui collegi uninominali: il Movimento 5 Stelle si impone principalmente nelle regioni del sud e delle isole, dove conquista i collegi uninominali sia al Senato che alla Camera. Il centrodestra, invece, risulta la coalizione in testa nel centronord. Il Partito Democratico, che registra un deciso calo di partito e di coalizione, conquista solo due regioni, la Toscana di Matteo Renzi e il Trentino Alto Adige della ministra uscente Maria Elena Boschi.
Quando è stato scrutinato il 28% delle sezioni al Senato il centrodestra conquista 10 regioni (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Umbria, Lazio, Abruzzo e Calabria). Il Movimento 5 Stelle, invece, si impone in Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia, Marche e Sardegna.
Situazione più instabile alla Camera, dove lo scrutinio delle sezioni, cominciato più tardi, è all’11%. Il centrodestra avanti in Abruzzo, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Umbria e Veneto. M5S conquista Basilicata, Campania, Calabria, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Resterebbe al Pd solo la Toscana, isola rossa.

Posto che questi dati restino abbastanza stabili, visto che coprono un terzo dei risultati, anche se il ministro Minniti ammonisce che bisogna attendere i risultati anche dell’ultima sezione per la valutazione definitiva, nessuna coalizione avrebbe i numeri per governare.

L’art.92 della Costituzione disciplina la formazione del Governo con una formula semplice e concisa: “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri”. Nelle ultime legislature, la scelta era stata resa più semplice dall’affermazione di un sostanziale bipolarismo e dalla prassi di indicare un candidato premier. Adesso, con il Rosatellum, si torna alle difficoltà del passato. Quanto alla scelta dei singoli ministri, questa spetta al presidente del Consiglio incaricato. Ma, di fatto, è stata spesso esercitata dai presidenti una moral suasion, in particolare il presidente Napolitano ha messo molto del suo anche nella scelta (o nel veto) dei ministri degli ultimi governi da lui designati.

Diverse, a questo punto, possono essere le vie percorribili per il Capo dello Stato Sergio Mattarella.

1) DOPO VOTO – Dopo la prima seduta di Camera e Senato il 23 marzo e l’elezione dei presidenti (una prima cartina di tornasole per capire le possibili alleanze) un elemento indicativo sarà quello della formazione dei gruppi (entro il 27 marzo). I capigruppo e i leader saranno poi chiamati alle consultazioni, insieme all’ex capo dello Stato Giorgio Napolitano e ai nuovi presidenti delle Camere.

2) ESPLORATORE – Il presidente della Repubblica, se non emergesse una maggioranza stabile, potrebbe scegliere di dare a un esploratore (ad esempio uno dei presidenti delle Camere o all’attuale premier Gentiloni) il compito di lavorare per facilitare l”emergere di una soluzione di governo. Lo stesso esploratore potrebbe ricevere in un secondo momento l’incarico di formare un governo.

3) SCELTA DIRETTA – Una seconda ipotesi (che non riteniamo possibile, considerata la personalità e le abitudini di Mattarella) è quella in cui sia lo stesso presidente a scendere in campo in questo ruolo di mediazione per un Governo del Presidente, come ha fatto più volte Re Giorgio Napolitano, fregandosene della volontà degli elettori. Con Napolitano nacque il governo di Enrico Letta, un governo di larghe intese, sostenuto da forze politiche storicamente in contrasto tra di loro: Pd, centrodestra, Sc e Udc.

4) MAGGIORANZA VARIABILE – Altra ipotesi, forse più complessa, è quella alla quale sembrerebbe alludere il Movimento Cinquestelle quando si dice pronto a un confronto a partire dal giorno dopo le elezioni, quella cioè di un Governo di minoranza, con le alleanze (variabili) che vengono trovate provvedimento per provvedimento. Questo tipo di governo è stato sperimentato nei Paesi nordici ma anche in Spagna, e in quest’ultimo caso ha funzionato.

5) GOVERNO DI SCOPO O TECNICO – Molto gettonata in questi giorni – fra stampa e politica – l’ipotesi di un Governo di scopo, possibilmente con il sostegno di tutti i partiti maggiori, con l’obiettivo limitato alla modifica della legge elettorale. Meno probabile un’altra edizione di Governo tecnico, visto il pessimo ricordo che gli italiani hanno di Monti e delle sue ministre.

Il Capo dello Stato, una volta terminate le consultazioni del mondo politico, potrebbe inoltre scegliere se dare un preincarico, come avvenne nel caso di Pier Luigi Bersani, per verificare la possibilità di formare un governo, oppure un incarico pieno che consentirebbe all’incaricato di presentare la lista dei ministri e poi provare a ottenere la fiducia.

Ma per le scelte dovrà valutare, ovviamente, i risultati definitivi. Attendiamo dunque con fiducia che la guida prudente e saggia di Sergio Mattarella possa condurci ad un Governo che metta in grado il nostro Paese di affrontare le attuali difficoltà e ci rimetta al passo con l’Europa.

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