Immigrazione: l’Italia rischia di finire come la Svezia socialdemocratica e aperta, dove l’integrazione è completamente fallita

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L’illusione socialista svedese, nata quando, quarant’anni orsono, l’alba di un nuovo avvenire sembrava sorgere agli occhi di tanti con il nome di Folkhemmet (la casa di tutto il popolo), sta svanendo miseramente. Dal periodico online Interris riprendiamo, in parte, un saggio di Federico Cenci che ci mostra il fallimento dell’illusione scandinava di una facile integrazione dei migranti.

Allora il progetto dell’elite politica socialdemocratica svedese aveva l’obiettivo di ridurre le disparità economiche e incoraggiare la solidarietà. Il presupposto era che la Svezia culturalmente omogenea diventasse multiculturale: una mite mescolanza di genti. Ma la dura realtà ha travolto questi nobili intendimenti. Oggi si registrano solo violenze, auto incendiate, tafferugli con la polizia, zone franche, sharia. L’immagine della Svezia ridente e pacifica rischia di eclissarsi dinanzi a quanto sta avvenendo in alcune periferie delle sue principali città.

Il tema della sicurezza è deflagrato ad inizio gennaio, quando un uomo è morto in una stazione della metropolitana, alla periferia di Stoccolma, dopo aver raccolto da terra – nemmeno stesse a Kabul – una bomba a mano inesplosa. A questo episodio ha fatto seguito l’assalto ad una stazione della Polizia nella periferia di Malmo: verso l’edificio è stato lanciato anche un ordigno la cui esplosione si sarebbe udita in tutta la città, la seconda più grande del Paese. E non si tratta di casi isolati. Negli ultimi tempi le cronache locali danno conto di feroci scontri tra bande di criminali, con decine di sparatorie e attacchi esplosivi.

L’origine dei disordini è quasi sempre da ricercare nella guerra tra bande che infestano le periferie svedesi. Queste formazioni criminali sono composte perlopiù da giovani con cognomi tutt’altro che scandinavi. Infatti in un’intervista al New York Times, il prof. Henrik Emilsson, ricercatore sul tema dell’immigrazione all’Università di Malmo, ha spiegato che “gli autori di scontri e violenze nei sobborghi sono spesso figli di immigrati e persone che sono arrivate nel Paese quando erano giovani”. Dunque, si tratta di immigrati di seconda o terza generazione la cui condizione sancisce il fallimento del modello di accoglienza svedese.

La situazione sembra stia sfuggendo di mano alle Autorità, tanto che nel giugno 2017 una relazione del Governo svedese riferiva che le “zone di alta pericolosità”, a causa dell’applicazione della sharia, nel primo semestre del 2017 sono diventate sessantadue contro le cinquantacinque del dicembre 2016. Condizione di pericolo che avverte la popolazione ebraica. Fredrik Sieradzki, portavoce del Centro culturale ebraico di Malmo, spiega a La Stampa: “Nelle scuole i nostri studenti sono spesso oggetto di aggressioni. L’antisemitismo è pervasivo. C’è risentimento da parte dei giovani che arrivano dal Medio Oriente”.

Sono sempre di più gli svedesi che ritengono sia giunto il momento di posare la carota e prendere il bastone. Lo testimonia l’ascesa politica dei Democratici Svedesi, partito di estrema destra che in dodici anni, dal 2002 al 2014, è salito dall’1,4% al 12,9%, conquistando 49 seggi in Parlamento. E la questione si fa intrigante in vista delle elezioni di settembre, quando probabilmente, secondo le previsioni, la destra potrà crescere ulteriormente.

E’ un esempio che può servire di lezione anche all’Italia, in un momento nel quale non si riesce a controllare un’immigrazione irregolare sempre crescente, nonostante i lodevoli sforzi del ministro Minniti, la delinquenza cresce, soprattutto fra gli immigrati, la destra sembra avanzare. Per rimediare a questa situazione alcuni esponenti poco lungimiranti della sinistra, anche estrema, non trovano di meglio che strillare contro il risorgente pericolo fascista, approvare leggi bellicose e inutili, mentre sarebbe necessario intervenire con decisione per limitare gli ingressi e rispedire a casa chi delinque o comunque non ha diritto a restare sul territorio nazionale. E’ un’impresa difficile, occorre trovare accordi internazionali con i Paesi di provenienza degli immigrati, sfidare le associazioni e le istituzioni, come la Chiesa, che per la loro visione universale non ammettono limiti agli ingressi di disperati migranti. Ma dobbiamo trovare un punto di equilibrio per non finire come la Svezia.

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