Povertà e disuguaglianza sociale: la classe politica non sa frenare le tendenze disgregative della società

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La crescita della povertà e della disuguaglianza sociale, e in particolare la crisi e l’impoverimento del ceto medio, mettono in crisi le forme della partecipazione sociale e la stessa democrazia rappresentativa. Questo uno degli aspetti messi a fuoco dalla sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali sul tema «Verso una società partecipativa: nuove strade per l’integrazione sociale e culturale». Papa Francesco, che non ha potuto partecipare a causa del suo viaggio in Egitto, ha inviato un suo speciale messaggio, che ha fatto da sfondo e da linea-guida dei lavori. Infatti si tratta di un tema importantissimo per la cui soluzione gli ultimi governi, Renzi compreso, hanno speso solo chiacchiere senza dare sostegni concreti. Tanto che da parte cattolica si chiedono da tempo più reali interventi a difesa della famiglia, quella tradizionale.

I lavori, è stato spiegato in una conferenza stampa dal cancelliere della Pontificia Accademia, mons. Marcelo Sanchez Sorondo, dalla presidente Margaret Archer, dal professore dell’Università di Bologna Pierpaolo Donati e da quello dell’Università di Natal (Sudafrica) Paulus Zulu, «hanno messo in luce la preoccupazione per il diffondersi della frammentazione sociale da un lato e della concomitante incapacità dei sistemi politici di governare la società. Questi due fenomeni si vanno diffondendo in tanti Paesi e creano situazioni di forte disintegrazione sociale, in cui diventa sempre più difficile realizzare forme di partecipazione sociale ispirate a principi di giustizia, solidarietà e fraternità».

Le cause di queste tendenze disgregative che operano contro una società più partecipativa sono state individuate «nella crisi della rappresentanza politica, nelle crescenti disuguaglianze sociali, negli squilibri demografici a livello planetario, le crescenti migrazioni e il numero elevato di rifugiati, il ruolo ambivalente delle tecnologie dell’informazione e comunicazione, nei conflitti religiosi e culturali». Certamente il fattore più significativo che opera contro la partecipazione sociale è la crescente disuguaglianza sociale fra ristrette elites e la massa della popolazione. Le statistiche sulla distribuzione della ricchezza e delle opportunità di vita indicano infatti degli enormi divari fra paesi e paesi e interni ai vari paesi.

Preoccupa in particolare il fatto che in Europa e America «la classe media si sia notevolmente indebolita, diversamente da altri paesi come l’India e la Cina dove la classe media si è rafforzata». Si deve infatti considerare che, «laddove la classe media subisce dei tracolli, la democrazia partecipativa è messa in pericolo». Nonostante tutto ciò, è stato sottolineato, è possibile operare per una migliore società partecipativa qualora si riesca ad instaurare una vera cooperazione sussidiaria fra un sistema politico che si renda sensibile alla voce di chi non è rappresentato, una economia civilizzata e forme associative di società civile basate su reti di reciprocità. In sostanza, una società partecipativa è quella che afferma e promuove i diritti umani e sviluppa nuove iniziative sociali generative di maggiore inclusione sociale».

Si tratta di conclusioni estremamente condivisibili, soprattutto là dove pongono l’accento sulla crisi profonda della classe media e sulle cause del disagio sociale e della crescente disuguaglianza sociale, con particolare riguardo al fenomeno delle crescenti migrazioni e al numero elevato di rifugiati. Le responsabilità di questa drammatica situazione sono, ovviamente, da addebitare alla crisi, ancora persistente, della rappresentanza politica, soprattutto in Europa e in Italia. Alla quale non si intravede via d’uscita, il tunnel è ancora buio, ma si spera, prima o poi, di tornare a vedere la luce.

Firenze Post

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