Processo penale: tutto rinviato, la maggioranza in senato rischia anche mettendo la fiducia

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SenatoLa riforma del processo penale in discussione al Senato è l’esempio tipico di quello che accade nel procedimento legislativo di oggi, con la suddivisione di poteri fra le due camere: per questo Renzi tiene tanto a cambiare le regole, per consentire al governo di procedere tranquillamente, senza timore dei voti delle opposizioni e di imboscate di qualche alleato. Si perché in Senato, in merito alla riforma del processo penale, fatti tutti i conti e tenendo conto della posizione espressa da partiti, movimenti e correnti di partiti, la maggioranza risulta davvero ballerina anche nel caso in cui il governo alla fine decidesse di chiedere il voto di fiducia.

Nei gruppi di maggioranza a Palazzo Madama si fanno i conti, ma al momento non c’è alcuna certezza. E si spera che lo “spettro” della fiducia si allontani. Allo stato, la differenza tra i sì e i no sarebbe minima. Tra Pd e Ap-Ncd, infatti, nel caso fossero tutti presenti come un sol uomo, ipotesi che in questo caso nessuno si sentirebbe di assicurare, in teoria si arriverebbe a quota 142 (29 Ap-Ncd più i 113 del Pd). Nella realtà, la somma è più bassa perché il presidente Grasso non vota e almeno due di Ap-Ncd avrebbero già annunciato ufficialmente il loro no al ddl. Quindi una cifra attendibile, esaminando solo i due principali gruppi di maggioranza, è di 139. Esattamente la stessa di chi dichiara di essere pronto a votare contro il disegno di legge. E ai 139 no ci si arriva sommando i 18 di Ala, i 10 di Cor, i 42 di FI, i 14 di Gal, i 12 della Lega, gli 8 di Sel e i 35 del M5S.

Ai due schieramenti avversi si devono aggiungere o sottrarre gli indecisi degli altri gruppi. Che non sono pochi. I senatori che non fanno più parte di Sel: Dario Stefano e Luciano Uras, ad esempio, non sciolgono la riserva e dicono che “ci dovranno pensare” contando che l”ipotesi fiducia venga scongiurata. Posizione analoga a quella di Maurizio Rossi (Liguria Civica) che non vuole far sapere come la pensa. I 3 esponenti di “Fare!”, i 2 dell’Idv e i 2 di “Insieme per l’Italia” (cioè Sandro Bondi e la compagna Manuela Repetti) di solito votano la fiducia al governo e quindi si passerebbe da quota 139 a 146, ma molti di loro su questo provvedimento in particolare non vogliono dichiarare come intendono schierarsi.

Rendendo impossibile così, al momento, ipotizzare una somma precisa. L’unico dato certo che si può aggiungere al quadro, esaminando i numeri del gruppo Misto, è il sì del sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova che farebbe salire il “tetto sicuro” a 140. Tutto il resto è aleatorio. “In realtà – sottolinea un senatore di Ap-Ncd – il nostro gruppo non è affatto compatto sul tema. Molti di noi non vorrebbero proprio il provvedimento e dunque non siamo in grado, allo stato, di assicurare neanche la presenza di tutti in Aula”. Così, traballerebbe anche la quota 140, che in un primo momento era stata data per certa. A questa, andrebbero aggiunti i voti dei senatori a vita che in teoria potrebbero votare sì. Ma alcuni di loro votano raramente. E nessuna certezza arriva sfogliando l’elenco dei 19 senatori del gruppo per le Autonomie. “In molti – spiega Enrico Buemi (Psi) – siamo contrari a rimettere mano alla prescrizione e al momento speriamo solo che la fiducia non si metta perché altrimenti saremmo in difficoltà. Io per esempio voterei comunque contro per una questione di coerenza…”.

Anche per questo la fiducia sul provvedimento all’esame del Senato, autorizzata ieri, “tendenzialmente” non sarà utilizzata come lo stesso premier ha confermato neppure dodici ore dopo. L’Associazione Nazionale Magistrati sostiene “che sono provvedimenti inutili e dannosi e io ho il dover di ascoltare il presidente Piercamillo Davigo” è la spiegazione che viene fornita da Renzi. Che ha compreso benissimo dove sta il rischio.

 

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