Migranti Ue: la riallocazione va avanti a fatica. Per l’ostruzionismo dei paesi dell’Est Europa

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Hollande, Renzi e MerkelIl tema dell’immigrazione tiene sempre banco nella politica europea e resta alto il livello di divergenza e di scontro fra Renzi e l’Italia, da un lato, e Juncker, Hollande e Merkel e relativi Stati e istituzione dall’altra. Anche se questi ultimi sembrano voler, giustamente, abbassare i toni della contesa.

COMMISSIONE – Infatti la Commissione europea, per il tramite del portavoce, Margaritis Schinas, ha affermato ufficialmente: “Nell’applicazione del diritto comunitario non c’è niente di opzionale”. In replica alle affermazioni del primo ministro slovacco, Robert Fico, che aveva definito “politicamente finita” l’idea delle quote obbligatorie di migranti da redistribuire fra i paesi dell’Ue (“relocation”) per alleviare gli oneri sui paesi di primo arrivo.

FICO – L’affermazione di Fico in effetti era politicamente “pesante” soprattutto perché il suo governo esercita attualmente la presidenza di turno del Consiglio Ue, che ha il compito è quello di mediare fra gli Stati membri e facilitare gli accordi per l’approvazione delle proposte legislative presentate dalla Commissione, non certo quello di rimettere in discussione la legislazione già approvata e in vigore.

RELOCATION – Il sistema delle “relocation”, ovvero la redistribuzione negli altri Stati membri di 160.000 richiedenti asilo giunti in due anni in Italia e in Grecia, è in realtà un atto della legislazione comunitaria, già in vigore dopo essere stato approvato dal Consiglio Ue a maggioranza qualificata. Ma la sua attuazione continua al rallentatore: ad oggi, sono stati “ricollocati” in 25 altri paesi europei (che complessivamente hanno fornito la disponibilità per non più di 15.131 persone) solo 1.196 rifugiati dall’Italia e 4.339 dalla Grecia.

VISEGRAD – Gli Stati del gruppo di Visegrad (Slovacchia, Repubblica ceca, Ungheria e Polonia), contrari al sistema delle “relocation”, non vogliono applicarlo e non se ne sentono vincolati, rivendicando il fatto che si tratta di decisioni riguardanti la propria sovranità nazionale. Slovacchia e Ungheria hanno adito la Corte europea di Giustizia contro i ricollocamenti obbligatori, mentre in Ungheria si svolgerà domenica prossima un referendum popolare consultivo per rispondere alla domanda (tendenziosa) se si accetta che sia l’Ue a decidere quanti migranti debbano entrare nel Paese. Il gruppo di Visegrad, inoltre, sta promuovendo il concetto nuovo e controverso di “solidarietà flessibile”, che toglierebbe il carattere obbligatorio (prevista dai Trattato Ue) alle decisioni di politica comune dell’immigrazione e asilo, e lascerebbe agli Stati la possibilità di scelta fra l’accoglimento dei rifugiati assegnati loro dal sistema delle “relocation” e il contributo in altre forme (soprattutto finanziariamente) agli obiettivi dell’Unione in questo campo, per esempio contribuendo di più alla protezione delle frontiere esterne.

JUNCKER – Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha operato recentemente un’apertura “realista” su quest’ultimo punto; ma la possibilità per un paese di pagare per non accogliere le quote di rifugiati che gli sono state assegnate è riferita soprattutto all’ipotesi – già formulata dall’Esecutivo comunitario nel contesto della proposta di riforma del Regolamento di Dublino – per un futuro meccanismo permanente di “relocation” fra gli Stati membri, che scatterebbe automaticamente quando si superano determinate soglie di arrivi in un paese.

RESETTLEMENT – Per quanto riguarda le attuali “relocation” d’emergenza dall’Italia e dalla Grecia (riguardanti 160.000 richiedenti asilo), i paesi dell’Est recalcitranti possono applicare invece un’altra possibile forma di flessibilità, partecipando al programma di “resettlement” (reinsediamenti) dei profughi siriani attualmente in Turchia. In questo caso, la sovranità nazionale non è in discussione, perché i “resettlement” dei profughi dalla Turchia (o da altri paesi fuori dall’Ue come Giordania e Libano) avvengono in base a una scelta volontaria da parte dei paesi d’accoglienza.Nel marzo scorso, la Commissione ha accettato e formalizzato la possibilità che questi “resettlement” volontari sostituiscano le “relocation” obbligatorie. E domani l’Esecutivo Ue presenterà le nuove cifre sull’attuazione di entrambi i programmi. Alcune sorprese positive sono attese, a quanto si apprende, per quanto riguarda gli impegni di alcuni Stati membri ad accelerare le “relocation”, stabilendo un ritmo mensile per i trasferimenti nel loro territorio dei rifugiati provenienti da Italia e Grecia. Allo stesso tempo, la Commissione ribadirà di “essere pronta ad agire” con le procedure d’infrazione contro gli Stati membri che non danno attuazione alle decisioni obbligatorie già prese sulle “relocation”.

STATISTICHE RELOCATION – E, per finire, la Commissione ha diffuso le sue statistiche, estremamente deludenti, in merito alla cosiddetta relocation, la riallocazione di persone bisognose di protezione internazionale dall’Italia e dalla Grecia. Dall’ottobre 2015 ad oggi, all’incirca in un anno, sono state riallocate 5.651 persone (1.196 dall’Italia e 4.455 dalla Grecia), il 3,5% del totale di 160mila, previsto dalle due decisioni del Consiglio Giustizia e Affari Interni adottate nel settembre 2015. Una vera miseria. Sarebbe opportuno che l’Europa prendesse di petto questo problema, cosa che finora ha mostrato di non poter (o non voler) fare.

 

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