Vitalizi: Boeri torna all’attacco, vanno calcolati tutti col sistema contributivo

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Il parlamento italianoIl prof. Tito Boeri, presidente Inps, rilancia la polemica vitalizi dei parlamentari, associati al tema degli assegni d’oro. Che non corrisponderebbero, anzi sarebbero d’importo molto più elevato rispetto a quanto versato.

Ma quando sono nati i vitalizi e come vengono determinati? L’istituto nacque nella prima legislatura repubblicana con una buona intenzione: far sì che gli eletti avessero di che mantenersi anche dopo il mandato, cosl da esercitarlo liberi da condizionamenti esterni, e permettere anche a chi fosse meno abbiente di essere eletto e non preoccuparsi troppo per il futuro. Attualmente vengono pagati esattamente 2.600 assegni, per un costo totale di circa 190 milioni di euro. A gravare sui bilanci, c’è da ricordare, sono anche gli assegni di reversibilità, attribuiti con maglie più larghe nei requisiti rispetto ai comuni mortali. Negli ultimi bilanci interni, tra vitalizi e pensioni «pro quota», le reversibilità pesavano per la Camera per circa 25 milioni, al Senato per 18 milioni.

Il sistema dei vitalizi ha seguito fin dall’inizio una regolamentazione stabilita in «autodichia» da Camera e Senato. Veniva in parte alimentato da un prelievo sull’indennità del singolo parlamentare che si aggirava attorno all’8,6%. Per poter accedere all’assegno (circa 3.000 euro dopo i cinque anni), tuttavia, occorreva raggiungere una data soglia di età, tra i 60 e i 65 anni. La forbice dipendeva dal numero di mandati: se se ne era svolto uno solo, infatti, si poteva accedere al vitalizio a 65 anni. Man mano che se si superava quel primo mandato, la soglia scendeva per ogni anno di ulteriore permanenza al Parlamento.

Iniziate le polemiche politiche, nel 2012, sotto le presidenze Fini e Schifani, è stato introdotto anche per i parlamentari il regime contributivo – valido per tutti i comuni mortali – fatto salvo il principio «pro-rata», in sostanza non retroattivo. Il nuovo regime è meno vantaggioso rispetto al precedente ma tuttavia lo è sempre di più rispetto a un lavoratore normale (cui, ad esempio, la legge Fornero fissa a 66 anni e 7 mesi l’età pensionabile). i risultati derivanti dal vecchio sistema sono stati tradotti in numeri da uno studio di Emilio Rocca dell’Istituto Bruno Leoni, risalente al luglio 2011. Lo studio aveva effettuato una simulazione per capire il rapporto tra rendite e prelievo per ottenere ilvitalizio: «Si consideri un politico di 45 anni che resti in carica per 5 anni, non di più. Versa contributi ogni mese per i 5 anni pari a 1006,51 euro. Se riesce a terminare il mandato, matura il diritto di ottenere ogni mese, dai 65 anni in poi, una pensione di 3.108 euro. Considerando – proseguiva – che la vita media di un uomo italiano è pari a circa 78 anni, ci si attende che potrà godere di questa pensione per 13 anni. Attualizzando i flussi di contributi e di pensioni all’inizio della sua attività lavorativa, con un tasso di sconto del 2%, si ricava il NPVR (il rapporto travalore delle pensioni e il valore dei contributi): 533%». E dunque, osservava Rocca, «ai politici verrà restituito oltre 5 volte tanto quello che hanno versato sotto forma di contributi previdenziali».

Per un lavoratore dipendente invece l’indice era pari a 102%, «praticamente quello che ha versato». Anche il presidente Inps Tito Boeri si era pronunciato sul rapporto versamenti fatti – vitalizi ricevuti: «Applicando le regole del sistema contributivo oggi in vigore per tutti gli altri lavoratori all’intera carriera contributiva dei parlamentari, la spesa per vitalizi si ridurrebbe del 140%, scendendo a 118 milioni, con un risparmio, dunque, di circa 76 milioni l’anno». A Boeri rispose una nota della Camera dei deputati, ricordando che «gli oneri derivanti sia dal nuovo sistema contributivo, che dal sistema dei vitalizi in vigore in precedenza, gravano interamente ed esclusivamente sui bilanci interni di Camera e Senato, e non su quello dell’Inps».

A Boeri ha risposto di recente anche il Sottosegretario Tommaso Nannicini, limitatamente alla sfera di sua competenza: non è in programma nessun intervento sulle pensioni più elevate per non creare ingiustizie e iniquità, vista la difficoltà di calcolare i contributi versati per tutta una vita di lavoro ad esempio dai dipendenti pubblici.

 

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