Vino: Ue approva allarme su etichette chiesto dall’Irlanda. Protestano Consorzio Chianti e Coldiretti Toscana

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Dopo l’approvazione della commercializzazione dei grilli in polvere come alimenti i burocrati della Ue approvano un’altra decisione che potrebbe provocare danni all’economia italiana.

“Il via libera dell’Unione Europea all’Irlanda per inserire etichette allarmistiche sulle bottiglie di
vino ma anche birra e liquori equiparandoli alle sigarette, è un attacco diretto al prodotto del Made in Tuscany più venduto e conosciuto all’estero. In pericolo ci sono oltre 4 milioni di esportazioni di sole bevande, un quarto del totale dell’export che vola ogni anno verso l’Irlanda (fonte Istat)”.

E’ quanto afferma Coldiretti Toscana in riferimento all’autorizzazione Ue concessa all’Irlanda che potrà adottare un’etichetta per vino, birra e liquori con avvertenze terroristiche, che non tengono conto delle quantità, come “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” e “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati” nonostante i pareri contrari di Italia, Francia e Spagna e altri sei Stati Ue, che
considerano la misura una barriera al mercato interno, e l’annuncio della stessa Commissione di possibili iniziative comuni sull’etichettatura degli alcolici.

Allarme anche dal Consorzio del Chianti: “Se la norma dovesse essere adottata da altri Paesi sarebbe un danno inestimabile”. Così Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti, commenta il via libera dato dall’Unione europea alla normativa irlandese che introduce la possibilità di mettere su vino e altri alcolici alert sanitari in etichetta come accade ora per le sigarette.

“Il vino è il prodotto dell’agroalimentare italiano più conosciuto e apprezzato al mondo, etichette simili sulle bottiglie provocherebbero un gravissimo danno di immagine al Paese ed economico a tutto il settore, senza peraltro basi scientifiche: che il vino di qualità bevuto in giuste quantità faccia male e provochi tumori e malattie non è affatto dimostrato.
L’Irlanda non è uno dei più grandi importatori di vino, ma il rischio è che la Comunità Europea faccia sua una tesi del genere, prendendo una strada irragionevole e dannosa”.

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