Il “salvataggio” della Grecia da parte della troika Ue. Persi 1/4 del pil e debito alle stelle

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La Ue di von der Leyen festeggia (si fa per dire) la fine della sorveglianza rafforzata sulla Grecia da parte di Bruxelles, ma i dati macroeconomici di quel Paese dopo dieci anni sono impietosi. La troika europea (uno degli attori principali fu la Bce allora diretta da Draghi) intervenne pesantemente per salvare la Grecia, ma molti sostengono che in realtà abbia salvato soprattutto gli interessi delle banche francesi e tedesche.

“Degli oltre 250 miliardi di aiuti solo dieci sono andati ad Atene. Lo spread però non preoccupa più. Il motivo? Il 77% del debito pubblico è ipotecato dal Mes e affini”. Questa l’analisi impietosa di Claudio Paudice su Huffington Post.

Un Pil nominale indietro del 25% rispetto al periodo precedente la crisi, un tasso di disoccupazione oltre il 12% dopo aver sfiorato la soglia monstre del 30% negli anni più bui, quella giovanile ancora oltre livelli accettabili (30%), un deficit delle partite correnti del 14%, un tracollo degli investimenti esteri diretti ormai inarrestabile iniziato a cavallo del 2013 (-16%), e soprattutto un debito pubblico pari a circa il 200% del Prodotto interno lordo. Queste le conclusioni dell’analisi del giornalista, un’analisi che ovviamente sarà smentita dagli organismi europei e monetari, che dovranno ancora intervenire per eventuali crisi analoghe.

Già in passato erano state avanzate severe critiche sugli effetti dell’intervento europeo. Si osservava che i salari medi erano crollati del 20%, il Pil si era contratto del 27% e il 15% della popolazione era in povertà assoluta, mentre il 20% era a rischio.

Il primo salvataggio di 110 miliardi fu accordato il 2 maggio 2010. A quella data gli Stati europei non erano esposti direttamente verso la Grecia. Ma le banche erano esposte, soprattutto quelle francesi e tedesche. Gli istituti italiani detenevano titoli, pubblici e privati, per soli 6.86 miliardi, quelli tedeschi 45 miliardi, le banche francesi 75 e le spagnole solo poco più di un miliardo.

I prestiti concessi al governo greco sono serviti a rifinanziare il debito pubblico in scadenza, rimborsando le banche europee detentrici, e a salvare il sistema bancario ellenico. In assenza di quei prestiti, la Grecia sarebbe stata costretta a dichiarare defaultazzerando i crediti vantati dagli istituti europei.

Si è trattato, insomma, di una socializzazione a livello europeo delle perdite. Infatti l’Efsf, divenuto poi Esm, era partecipato dai Partner in proporzione rispetto al proprio Pil e non in rapporto all’esposizione del proprio sistema bancario. L’Italia e la Spagna hanno di fatto rimborsato le banche tedesche e francesi, i cui crediti verso la Grecia sono crollati rispettivamente a 13.51 miliardi e a due miliardi nel 2014.

Adesso che la Grecia è stata salvata dalla troika, qualcuno immagina che, dopo le prossime elezioni, ove in Italia andasse la destra al potere, la crisi finanziaria ed economica potrebbe giustificare un intervento europeo nei confronti del nostro paese, attraverso manovre come il rialzo repentino e enorme dello spread. Che costringerebbe il Capo dello Stato a “correre ai ripari”, come è accaduto in passato (Napolitano 2011, governo Berlusconi) quando non governavano le sinistre.

Speriamo che tutto questo non accada, perché ci sarebbero anche in Italia riduzioni drastiche (fino al 30%) degli stipendi pubblici e delle pensioni, un aumento ancora più elevato della povertà, una dipendenza completa dai voleri delle istituzioni comunitarie, ormai dominate dai Paesi del Nord Europa. Draghi a ottobre toglierà il disturbo e non è detto che riesca a mettere il prossimo governo nella condizioni di fronteggiare in modo ottimale la situazione che si preannuncia molto difficile e delicata.

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Mala tempora currunt e all’orizzonte si manifestano altri venti di guerra, oltre all’Ucraina, fomentati dalla politica di Biden e dei dem Usa contro Cina, Russia, Corea del Nord, che non staranno certo a guardare.

PAOLO PADOIN

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