Pensioni: niente perequazione. Le priorità del governo sono il blocco dell’Iva e i contratti del pubblico impiego

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costi-flessibilitaIl sito specializzato pensionioggi.it ha pubblicato un articolo nel quale viene anticipata l’intenzione del Governo che, di fronte alla carenza delle risorse per tutti gli interventi necessari (dal rilancio dell’economia ancora assente al rinnovo del contratto dei lavoratori pubblici), avrebbe deciso di lasciare indietro i pensionati.

Esiste perciò il serio rischio di spacchettamento per la riforma della previdenza. Anche se la decisione la prenderà il Governo dopo il 20 settembre quando sarà pubblicata la Nota di Aggiornamento al Def, il Documento di Economia e finanza, che certificherà il quadro di bilancio per il prossimo anno, il viceministro all’Economia Enrico Zanetti ha elencato (ufficialmente) le priorità: prima le misure che aiutano il Paese a crescere, come il blocco degli aumenti Iva ed il taglio dell’Ires, poi gli interventi per chi è senza pensione e senza lavoro e gli aumenti degli statali, in coda gli aumenti ai pensionati. Facendo intendere che una parte delle risorse che servono a rinnovare i contratti della Pa (i sindacati chiedono «almeno» 7 miliardi di euro in 3 anni) potrebbero essere tratte dalle risorse che si prevedeva di assegnare invece al pacchetto previdenza, che a questo punto verrebbe inevitabilmente diviso in due parti. Prima il varo dell’anticipo pensionistico (l’Ape) e le agevolazioni sui ricongiungimenti e poi, più avanti, nella primavera del 2017, il resto.

Negli ultimi incontri, di fronte alle pressanti richieste dei sindacati, il Governo si è reso disponibile a dare una soluzione alla questione del pensionamento anticipato per i cosiddetti lavoratori precoci, misura che dovrebbe essere garantita tramite un bonus contributivo per gli anni lavorati nella minore età. Nannicini e Poletti sarebbero pronti a valutare alcune modifiche mirate per ampliare la platea dei lavoratori usuranti esclusi dai requisiti pensionistici previsti dalla legge Fornero. Governo e sindacati si sono trovati sostanzialmente poi d’accordo sulla necessità di valutare (compatibilmente con le risorse disponibili) un ampliamento della no tax area, fin qui prevista fino a 8mila euro per i soli pensionati “over 75” e ad affrontare rapidamente il nodo indicizzazioni. In quest’ultimo caso si punta alla revisione anticipata del dispositivo Letta (cinque fasce e copertura solo fino al 50% delle pensioni tra 5 e 6 volte il minimo) che cesserà di funzionare alla fine del 2018. Con conseguente ritorno, in assenza di nuove misure, alla perequazione su tre fasce prevista dalla legge 338/2000. Nella rosa di interventi “necessari” anche il tema delle pensioni minime con l’irrobustimento della quattordicesima e l’ampliamento della no tax area.

Con tutte queste voci il costo del pacchetto previdenza potrebbe valere fino a 2,5 miliardi, risorse difficili da reperire per la prossima stabilità, visto il rallentamento dell’economia alla luce dei recenti dati Istat. Per questo sale l’ipotesi che le misure vengano realizzate in due tempi: una parte con la prossima legge di Bilancio, già a ottobre, per assicurarne l’operatività già da inizio 2017, e l’altra in primavera. Una ‘road-map’ che sarà oggetto di confronto tra governo e sindacati a inizio settembre, quando dovrebbero prendere una forma definitiva almeno i principali interventi più gettonati: da un lato l’Ape, l’anticipo pensionistico fino a 3 anni, dall’altro il cumulo gratuito dei periodi assicurativi per chi ha versato contributi a più enti previdenziali. Tra gli interventi che, invece, rischiano di slittare al prossimo anno c’è soprattutto la questione della flessibilità per precoci ed usuranti, l’ampliamento della quattordicesima per chi ha una pensione bassa (aumentando l’assegno oppure la platea), l’estensione della no tax area, la revisione delle fasce di rivalutazione delle pensioni, la previdenza integrativa, una modifica ai requisiti di adeguamento della pensioni alla speranza di vita, gli interventi in favore di chi presta attività di cura.

Sarà un’azione difficile e lunga, le risorse scarseggiano e la previsione delle necessità per una completa riorganizzazione del settore previdenza ammonta, secondo quanto calcolato dal sito citato, a oltre 6 miliardi, cifra molto difficile da reperire a questi chiari di luna.

 

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