Sfrattati si rivolgono all’Onu per cercare tutela e un magistrato convoca Draghi

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Nel bel mezzo delle polemiche per la riforma (blanda) della giustizia proposta dalla ministra Cartabia e contestata, al solito, dai magistrati che vogliono conservare le loro prerogative, si inserisce come una bomba un episodio che ci fa comprendere come la magistratura possa, allo stato attuale, condizionare governo e politica. La questione nasce dal problema della riapertura degli sfratti decisa dal governo e contestata da inquilini e sindacati. Alcune famiglie, invece di affidarsi alla tutela di questi ultimi, hanno pensato bene di seguire la via giudiziaria, ricorrendo nientepopodimenoche all’Onu.

E per la prima volta un tribunale italiano chiama in causa la presidenza del Consiglio perché chiarisca la sua posizione in merito ai patti internazionali che il nostro Paese ha firmato e ai diritti che si è impegnato a tutelare. Il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, che abbiamo ratificato nel 1978, prevede il diritto di ogni individuo “ad un livello di vita adeguato per sé e la propria famiglia che includa un’alimentazione, un vestiario e un alloggio adeguati”.

L’Unione Inquilini ha subito affiancato le famiglie nei ricorsi all’Onu, perché l’Italia sia chiamata a rispondere del mancato rispetto del Trattato che ha ratificato il Patto citato, il cui art.11 tutela il diritto a un alloggio adeguato, che per gli Stati firmatari comporta il dovere di prendere misure idonee all’attuazione di tale diritto. Nel 2014 inoltre l’Italia ha ratificato anche il Protocollo aggiuntivo del Patto riconoscendo così anche la giurisdizione del comitato Onu sui diritti oggetto del Patto.

Sulla base di queste disposizioni il tribunale di Roma, valutando il caso di una famiglia romana sotto sfratto che ha fatto ricorso alle Nazioni Unite, ha ritenuto di estendere il contraddittorio alla presidenza Consiglio dei ministri, che dovrà esprimere la posizione che intende mantenere in merito ai Patti internazionali sottoscritti dall’Italia. Stando alla Convenzione, se lo Stato non risolve la violazione può ricevere un ammonimento perché adotti ogni misura necessaria a impedire un danno irreparabile alle persone che hanno fatto ricorso. In caso contrario, lo Stato può essere espunto dall’elenco dei firmatari. Ma il pericolo maggiore, per Draghi e per il governo, saranno le possibili condanne della magistratura, sulla base delle interpretazioni delle norme da parte dei giudici. Che, oltre ai possibili riflessi penali e di risarcimento danni, avrebbero soprattutto riflessi politici rilevanti. Un’altra grana per il premier, già alle prese con le liti interne alla maggioranza e con la difficile situazione internazionale. E sicuramente la magistratura, in questo clima di contestazione delle riforme, non mollerà la presa.

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