Migranti e sfollati, il futuro dell’accoglienza in Italia e in Europa sta nei corridoi umanitari

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L’esperienza dei profughi e dell’Afghanistan e l’invasione dei richiedenti asilo o migranti economici nelle coste spagnole, italiane e greche, gli arrivi sempre più numerosi di sfollati che provengono non solo dall’Africa, ma da altre parti dell’Asia, ci ha fatto comprendere come per il futuro sia necessario che l’Europa si organizzi per far fronte a un’emergenza umanitaria che sarà via via crescente.

Gli esperti prevedono che nei prossimi vent’anni, una persona ogni tre secondi sarà costretta a lasciare la propria casa dal cambiamento climatico e a trasformarsi in uno sfollato.  L’allarme lo lancia la Banca mondiale. La regione maggiormente colpita sarà l’Africa sub sahariana con 85,7 milioni di sfollati interni. Seguono Asia orientale (40,5 milioni), Asia meridionale (40,5 milione), il Nord Africa (19, 3 milioni), America Latina (17,1 milioni) e l’Europa orientale (5,1 milioni).

Non è la prima volta che le organizzazioni internazionali allertano sull’incremento di migranti climatici. A maggio, l’International monitoring displacement centre ha calcolato che, in piena pandemia, nel 2020, sono stati oltre 24 milioni, il record degli ultimi dieci anni. Tra il 2008 e il 2018, sono stati censiti quasi 254 milioni di migranti ambientali, secondo i dati diffusi dalla Santa Sede a marzo e riferiti a quanti espatriano. Una quota tra tre e dieci volte superiore rispetto ai profughi dei conflitti,

Il rapporto di Banca mondiale arriva a meno di due mesi dal vertice Onu sul clima (Cop26) in cui gli Stati sono chiamati a politiche forti per mantenere il riscaldamento globale entro la soglia dell’ 1,5 gradi. Se questo dovesse accadere, il flusso di sfollati potrebbe ridursi di una quota compresa tra il 60 e l’80 per cento, ma resterebbe sempre imponente.

L’Europa quindi si deve attrezzare per il futuro per aprire vie di ingresso legale. I corridoi umanitari rappresentano una di queste vie, ormai collaudata e sperimentata soprattutto in Italia nel corso di oltre cinque anni, dal febbraio del 2016: un programma che non si è arrestato neanche durante la pandemia (solo rallentato) e che ha permesso di far giungere fino ad oggi in sicurezza 3.537 persone in Europa, di cui 2.861 in Italia, il resto in Francia, Belgio e Andorra.

Si tratta di un’iniziativa umanitaria di accoglienza promossa da alcuni soggetti privati: la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione Evangelica italiana, la Tavola Valdese. Offrendo la garanzia di canali di accesso sicuri e regolari dei migranti, la proposta di estensione ad altri Stati dell’Unione europea, visto che i profughi dovrebbero essere in grado di presentare le proprie richieste di protezione già alle istituzioni presenti nei Paesi terzi.

Con l’ultimo contingente, arrivato alla fine di maggio 2021, sono 2.900 le persone giunte in Italia, di cui 2.024 dal Libano, un paese che accoglie circa 1,2 milioni di rifugiati su una popolazione di 4,5 milioni di abitanti. L’accordo prevede l’ingresso legale sul territorio italiano (e la possibilità di presentare successivamente la domanda di asilo) di persone in condizioni di “vulnerabilità, cioè famiglie con bambini, anziani, malati, persone con disabilità, ma anche vittime di persecuzioni, torture e violenze. Queste vengono selezionate attraverso missioni operative delle associazioni proponenti in loco, grazie anche alla collaborazione di attori locali (organismi internazionali, Chiese, Ong locali, ecc.) ed i cui nominativi vengono poi trasmessi alle autorità consolari italiane dei paesi di transito per permettere alle forze di polizia di effettuare tutti i controlli.  Una volta giunti in Italia i profughi sono accolti dai promotori del progetto e, in collaborazione con altri partner, vengono ospitati in diverse case e strutture di accoglienza. II modello è quello dell’accoglienza diffusa, personalizzata, secondo un percorso adozionale, che coinvolge le comunità locali e la loro attiva partecipazione.

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Si tratta di un metodo vincente, che necessità però dalla massima diffusione a livello europeo, ed è questa la principale difficoltà da superare, vista l’inadeguatezza delle istituzioni europee nel decidere e imporre agli Stati membri un’equa ripartizione dei migranti  in ogni Paese dell’Unione. Ma per il futuro sarà necessario che la Commissione e il Parlamento Ue facciano valere le loro prerogative, per superare gli egoismi nazionali e far sì che l’Unione Europea, deficitaria in molti settori, almeno in questo, che ha grande rilevanza sociale ed economica, riesca a far marciare all’unisono Stati tanto diversi, Ne va della stessa sua sopravvivenza.

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