Negli ultimi 6/12 mesi 4 imprese su 10 hanno attivato fornitori per lo sviluppo del business

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(AGIPRESS) – Alla luce dell’accelerazione digitale dovuta alla situazione pandemica, la mancata integrazione tra strumenti digitali e attività manuali può rappresentare oggi un potenziale punto di debolezza per lo sviluppo del business. In questo scenario, interessante anche il nuovo ruolo degli istituti di credito, da puri fornitori di servizi bancari a partner nella fornitura di servizi specialistici ad alto valore aggiunto. Questo quanto emerge dalla ricerca “SME Business Longevity” promossa da CRIF e condotta da Nomisma che ha consentito di valutare le PMI italiane sotto molteplici profili, dal rapporto con i fornitori specialistici, a quello con gli istituti di credito con cui operano abitualmente. L’analisi ha poi tenuto in considerazione l’evoluzione del rischio in una logica post Lockdown e il rapporto con la sostenibilità a 360° e gli ESG (fattori Environmental, Social and Governance).

Relazione impresa-banca. Negli ultimi 6/12 mesi 3,9 imprese su 10 hanno attivato fornitori per lo sviluppo del business. Al contempo, solo 2,3 imprese su 10 hanno promosso servizi di consulenza per l’export, così come servizi consulenziali per la valutazione e la gestione del portafoglio fornitori. Questo se si parla si fornitori specialistici non appartenenti alla classe degli istituti di credito. In un’ottica di evoluzione del ruolo degli istituti di credito, particolarmente interessante la funzione di questi ultimi nella percezione delle imprese, 8 PMI italiane su 10 valutano infatti positivamente la banca con cui si opera abitualmente come possibile fornitore di servizi specialistici – da sviluppo del business, all’internazionalizzazione, considerando anche i servizi a supporto per accedere alla finanza agevolata e sostenibile – quota che sale a 8,4 su 10 per le imprese con un fatturato tra i 5 e i 25 Milioni. Il principale beneficio in un 1 caso su 2 è di poter usufruire di servizi integrati. La banca in questa logica si configura come partner di valore per molteplici servizi, tra i quali: supporto per selezione/partecipazione a bandi di gara pubblici su finanza agevolata (nel 36% dei casi), servizi informativi/consulenza per lo sviluppo commerciale/crescita del business (27%), soluzioni in ambito cybersecurity (17%), firma digitale (17%), servizi di marketing e di campagna commerciale (16%), consulenza per la valutazione e gestione del portafoglio fornitori (16).

Impresa e strumenti digitali. La ricerca ha indagato quale sia lo stato dell’arte attuale e il rapporto delle PMI con gli strumenti digitali, in particolare riguardo l’espletamento di alcune operazioni quali il controllo dei saldi e dei movimenti dei conti correnti aziendali, la gestione e la riconciliazione di incassi/fatture, il tracciamento di pagamenti e addebiti di conto oltre un certo importo (4 PMI su 10 non utilizzano alcun strumento) e il controllo della diffusione di informazioni aziendali, come password o e-mail sul dark web (6 su 10 non monitorano la diffusione di tali informazioni). È emerso un quadro ibrido, in cui a strumenti digitali (1 su 2 usa ERP – Enterprise resource planning ovvero “pianificazione delle risorse d’​impresa” – per il controllo dei saldi e dei movimenti di conto) si affiancano attività manuali per 4 su 10 per alcune attività di finanza-tesoreria (riconciliazione di incassi e fatture), quota che sale al 47% per le imprese con un fatturato sino a 2 Milioni di euro. L’integrazione tra le due modalità appare alta o medio-alta per 4 imprese su 10, ma per 2,6 su 10 attualmente non si rileva nessuna integrazione. È attraverso questo dato che emerge la chiara necessità di supporto alla digitalizzazione di strumenti oggi presidiati manualmente o parzialmente in modalità digital, in primis gli strumenti oggi manuali per lo sviluppo del business e il supporto nell’identificazione dei clienti potenziali (5,5 PMI su 10) e la ricerca di finanziamenti agevolati (4,4 su 10).

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