Province, la Sardegna raddoppia, da 6 diventano 12, più della Toscana

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Ancora un esempio eclatante delle storture alle quali porta la repubblica delle Autonomie, la riforma del Titolo V della Costituzione approvata dalle sinistre nel 2001, i poteri troppo estesi e ormai inconcepibili dei governatori che si credono onnipotenti. Come ha dimostrato il caos pandemia nel periodo passato, con il governo Conte2.

La Sardegna si appresta a raddoppiare il numero delle sue province portandole da 6 a 12. Un numero superiore anche a quello della Toscana. Il Presidente sardo Solinas vuole rendere operativa la riforma votata tre settimane fa per fare dell’isola la terra con più capoluoghi provinciali d’Italia, dodici. Uno ogni 133.000 abitanti.

Erano tre, una volta, le province sarde. Cagliari, Sassari, Nuoro. Nel 1974 fu aggiunta Oristano. Nel 2001, con il governatore berlusconiano Mauro Pili, ne arrivarono (con operatività dal 2005) altre quattro: Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia-Tempio. Spazzate via tutte e quattro dal referendum del 2012, trionfalmente passato (il quorum era basso: un terzo degli aventi diritto) con il 97% dei voti. Uno smacco. Corretto nel 2016 con l’istituzione della Città metropolitana di Cagliari (che con sedici comuni del circondario arrivava quasi a un terzo dei sardi) e la fusione del territorio restante più quello del Medio Campidano e di Carbonia-Iglesias uniti nella nuova provincia del Sud Sardegna.

Con la nascita dopo Cagliari di un’altra Città metropolitana (Sassari), la conferma delle province di Nuoro e Oristano e il sostanziale ripristino, con un’etichetta ritoccata, delle province soppresse dopo la consultazione popolare. Ed ecco la «circoscrizione territoriale della Provincia del Nord-Est Sardegna, con capoluogo nei Comuni di Olbia e Tempio», quella «dell’Ogliastra con capoluogo nei Comuni di Tortolì e Lanusei», quella «del Sulcis Iglesiente, con capoluogo nei Comuni di Carbonia e Iglesias» e quella «del Medio Campidano, con capoluogo nei Comuni di Sanluri e Villacidro». Totale otto enti provinciali (solo due con più dei 300 mila abitanti teorizzati dalla Lega Nord prima della metamorfosi salviniana) per un totale di dodici capoluoghi.

Un bel po’ di poltrone presidenziali distribuite provvisoriamente in tempi brevi («entro e non oltre trenta giorni dalla scadenza del termine») dalla «Giunta regionale con propria deliberazione, su proposta dell’Assessore competente in materia di enti locali» fino «all’insediamento degli organi di governo la cui elezione», anche se non è ancora chiara la formula, «deve svolgersi entro il 31 dicembre 2021».

Occorre porre mano alla svelta alla nuova riforma del Titolo V della costituzione, centralizzando di più alcuni poteri, soprattutto di coordinamento nelle materie essenziali. Un altro compito importante che attende il governo Draghi.

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