Consiglio Europa accusa Malta e Italia di non rispettare diritti umani rifugiati, è il colmo

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Non è una novità che le istituzioni europee vivano fuori dalla realtà e non riescano ad affrontare con spirito concreto le problematiche dei cittadini, restando sempre ancorate a ragionamenti astratti, come se vivessero su Marte o perennemente con la testa fra le nuvole.

Una delle istituzioni che si distingue in particolar modo è senza dubbio il Consiglio d’Europa, del quale molti cittadini sconoscono l’esistenza e le competenze e, aggiungiamo noi, talvolta l’indubbia dannosità, oltre che i costi spropositati di funzionamento.

Precisiamo innanzitutto, per evitare fraintendimenti e confusioni, che il Consiglio d’Europa (CdE) è un’organizzazione internazionale il cui scopo è promuovere la democrazia, i diritti umani, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali in Europa: fu fondato il 5 maggio 1949 con il Trattato di Londra, conta oggi 47 stati membri e la sua sede istituzionale è a Strasburgo, in Francia, nel Palazzo d’Europa. Lo scopo della sua istituzione nel 1949 era quello di evitare che le brutture della seconda guerra mondiale si ripetessero; il Consiglio d’Europa esercita questo scopo intervenendo sul rispetto dei diritti umani, la democrazia e lo stato di diritto.

Non è evidentemente organismo eletto dai cittadini, ma emanazione degli Stati, promuove i diritti umani attraverso le convenzioni internazionali, come la Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica e la Convenzione sulla criminalità informatica. Monitora il progresso degli Stati membri in questi ambiti e presenta raccomandazioni attraverso organi di controllo specializzati e indipendenti.

In questa sua funzione ha emanato un documento severissimo nel quale invita gli Stati Ue a cambiare le loro politiche migratorie nel Mediterraneo perché quelle attuali mettono in pericolo la vita e il rispetto dei diritti umani dei rifugiati e dei migranti.

E’ quanto ha ribadito  un portavoce del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatovic, che nell’ambito della Conferenza internazionale sul salvataggio delle vite nel Mediterraneo ha denunciato che molte azioni degli Stati membri sembrano avere lo scopo implicito od esplicito di lasciare il campo libero alla guardia costiera libica perché intercetti le imbarcazioni di migranti.

Il riferimento è agli accordi firmati da Italia e Malta con la Libia, all’operazione Irini e alle azioni contro le Ong. L’incontro ha fornito una panoramica sulle recenti prassi di ‘non intervento’ e di respingimenti in mare poste in essere in particolare dalle autorità italiane e maltesi. Le politiche dei Paesi europei – ha detto il portavoce della commissaria Mijatovic – stanno mettendo a rischio i diritti umani. Non solo si è continuata la politica dei respingimenti ma questa è diventata parte dell’approccio di riposta nel Mediterraneo: alcune situazioni che erano eccezionali sono divenute ordinarie, i Paesi stanno cercando di eludere i loro obblighi in termini di diritti umani e la loro capacità navale è stata sostituita dalla sorveglianza aerea. I ritardi negli sbarchi – ha continuato illustrando il Rapporto – hanno costretto le persone a rimanere per periodi prolungati su imbarcazioni delle Ong. E’ preoccupante il rapporto con la guardia costiera libica poiché sappiamo che sono innumerevoli gli abusi in Libia. Gli stati europei hanno così delegato le loro possibilità di salvataggio.

«Un altro aspetto che preoccupa la Commissione – ha proseguito il portavoce – è che non bisogna rimpatriare le persone in Paesi dove sono in vigore torture e abusi. Inoltre, il Covid-19 ha imposto un ulteriore livello di complessità. Le autorità maltesi e italiane hanno salvato tante vite nelle operazioni quasi quotidiane e ciò è fondamentale ma gli Stati costieri non possono essere lasciati soli, la solidarietà deve essere incentivata, significa avere in mare più navi da salvataggio. L’Europa dovrebbe muoversi in questa direzione e in quella di agevolare le vie legali e sicure di accesso. Bisogna anche smettere – ha aggiunto – di delegittimare il lavoro delle Ong: la mancanza di coordinazione con le Ong non fa altro che deteriorare l’intero salvataggio. C’è bisogno di un maggiore coordinamento, i governi hanno spesso abdicato alle loro responsabilità e creato le condizioni per cui la gente poi affoga in mare».

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Dissentiamo da molte delle affermazioni del portavoce, e  ricordiamo che i diritti umani vanno senza dubbio tutelati per chi fugge da guerre e persecuzioni, molto meno per i migranti economici, che costituiscono la stragrande maggioranza degli arrivi in Italia e solo in Italia.

Ezzelino da Monterpulico

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