Consumi in aumento, si torna a mangiare carne

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consumiOltre metà delle famiglie italiane nel 2015 prova a limitare le spese per il cibo e una su cinque cerca di risparmiare anche su quelle sanitarie. Gli ultimi dati dell’Istat mostrano che la quota di famiglie che cerca di fare economie su abbigliamento e calzature raggiunge il 63,2%, per gli alimentari è al 53,8%, per la cura e igiene della persona al 51,3% e per le bevande al 50,9%. La sanità, con il 20,3% che cerca di risparmiarvi, risulta la voce sulla quale le famiglie agiscono meno, essendo in larga misura incomprimibile.

Sono 4,6 milioni le famiglie italiane con figli a carico che ricevono assegni familiari, 4 su 10, e ottengono in media 1.155 euro l’anno. Sono i dati, relativi al 2013, presentati dal presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, nel corso di un’audizione alla commissione Finanze del Senato sul DDl Lepri, che mira a potenziare le misure fiscali a sostegno della famiglia. I nuclei nella classe più bassa di reddito “continuano a essere in posizione di svantaggio, anche se aumenta il numero di minori”, osserva Alleva.  Nel primo quinto di reddito, il più povero, circa una famiglia su due con almeno tre minori percepisce gli assegni familiari, a fronte di circa l’80% delle famiglie del secondo e terzo quinto di reddito. Inoltre, per queste famiglie l’importo medio degli assegni familiari è più basso nel primo quinto (3.088 euro annui) rispetto al secondo (3.509 ). L’Istat sottolinea che l’incidenza degli assegni familiari è superiore per le famiglie che contano prevalentemente su redditi da lavoro dipendente (53,1%), per le famiglie più numerose e per le famiglie con minori (il 58,8% delle coppie con minori e il 42,6% dei monogenitori con minori), con un andamento crescente all’aumentare del numero dei minori – fino ad arrivare al 64,5% delle famiglie con almeno tre minori. All’opposto solo il 18,7% delle famiglie con tutti i figli maggiorenni percepisce assegni familiari. Gli assegni familiari sono attualmente percepiti anche da famiglie a basso reddito che non hanno minori a carico: si tratta di circa 1,5 milioni di famiglie.

La Calabria è la regione con la spesa media mensile più bassa, inferiore di 1.300 rispetto a quella della Lombardia. Secondo i dati Istat, Lombardia, Trentino-Alto Adige ed Emilia-Romagna sono le regioni con la spesa media mensile più elevata (rispettivamente, 3.030,64, 3.022,16 e 2.903,58 euro) mentre in Calabria si ferma a 1.729,20 euro. Forti differenze contraddistinguono anche le famiglie di laureati, che spendono 3.383,05 euro, il doppio rispetto alle famiglie con licenza elementare o nessun titolo di studio.

Il 26,3% delle famiglie del quinto più ricco percepisce detrazioni Irpef per i figli che valgono complessivamente 1 miliardo e cento milioni. Ricevono un beneficio di “circa 740 euro l’anno, meno dell’1% del reddito familiare”, lo afferma il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, presentando un’elaborazione sui dati 2013 in un’audizione sul Ddl Lepri al Senato. Inoltre, solo il 16,5% del beneficio va a famiglie a rischio di povertà, mentre il 30% arriva a famiglie con un reddito più che doppio rispetto alla soglia di rischio. Nel quinto più povero della popolazione sono il 28,6% delle famiglie a beneficiare delle detrazioni per un importo medio di circa 1.120 euro l’anno che incide per il 5,5% sul reddito familiare.

La spesa media delle famiglie nel 2015 risale a 2.499,37 euro al mese, con un aumento dello 0,4% rispetto al 2014 e dell’1,1% nei confronti del 2013. Lo comunica l’Istat che vede “timidi segnali di ripresa in un quadro macroeconomico caratterizzato dal lieve aumento, per il terzo anno consecutivo, del reddito disponibile delle famiglie, dalla stabilità della loro propensione al risparmio e dal primo anno di ripresa del Pil dopo tre di recessione”. In particolare si arresta il calo dei consumi di carne, in atto dal 2011.   Il livello medio della spesa alimentare è di 441,50 euro al mese (+1,2%) dei quali 98,25 euro per le carni, stabili rispetto al 2014. La spesa per frutta aumenta del 4,5% rispetto al 2014 (da 38,71 a 40,45 euro mensili), quella per acque minerali, bevande analcoliche, succhi di frutta e verdura del 4,2% (da 19,66 a 20,48 euro). È sostanzialmente ferma la spesa per beni e servizi non alimentari (2.057,87 euro in media al mese). Mentre, per il terzo anno consecutivo si riducono le spese per comunicazioni (-4,2%), grazie anche all’ulteriore diminuzione dei prezzi. Aumentano le spese per servizi ricettivi e di ristorazione (+11%, da 110,26 a 122,39 euro, dopo due anni di calo), e le spese per beni e servizi ricreativi, spettacoli e cultura (+4,1%, 126,41 euro). Al netto del costo che le famiglie dovrebbero sostenere per prendere in affitto un’unità abitativa come quella in cui vivono e di cui sono proprietarie, usufruttuarie o che hanno in uso gratuito, la spesa media familiare è pari, nel 2015, a 1.910,34 euro, in aumento dello 0,7% rispetto al 2014 e dell’1,9% rispetto al 2013. Tra le famiglie di occupati dipendenti la spesa media mensile è pari a 2.321,50 euro se la persona di riferimento è operaio e assimilato, sale a 3.124,56 euro se è dirigente, quadro o impiegato. Tra gli occupati indipendenti, la spesa media mensile è di 3.585,20 per imprenditori e liberi professionisti e di 2.733,88 euro per gli altri lavoratori indipendenti. Le famiglie di soli stranieri spendono in media 1.532,66 euro al mese, circa 1.000 euro in meno di quanto spendono le famiglie di soli italiani (anche se queste ultime hanno in genere dimensioni più contenute).

Gli interventi sociali a sostegno della famiglia in Italia pesano per il 4,1% della spesa totale per le prestazioni sociali, nel 2013, pari a 313 euro procapite, “valore tra i più bassi in Europa”. E’ quanto osserva il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, in un’audizione alla Commissione finanze del Senato sul ddl Lepri per il potenziamento delle misure fiscali a sostegno delle famiglie. La quota di spesa per le famiglie è al massimo in Irlanda (13,4%), Danimarca (11,5%), Germania (11,5%) e supera il 10% anche nel Regno Unito e in Svezia, dove i trasferimenti per i figli variano da 12.600 euro per un figlio fino a 27.600 per cinque e più figli (esentasse e indipendentemente dal reddito). Considerando tutte le prestazioni sociali, esclusi costi amministrativi e altre spese, nel 2013 la spesa per i paesi Ue si è attestata, in media, al 27,7% del Pil, in media 7.406 euro annui procapite. L’Italia è in linea con questi valori, con una spesa pari al 28,6% del Pil (7.627 euro procapite) che viene assorbita per il 50,7% dagli interventi per la vecchiaia.

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