Il Dpcm di Conte avrebbe violato anche gli accordi con la Chiesa. Le proposte per rimediare

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La Chiesa italiana, in vista della fase 2 dell’emergenza coronavirus, per non lasciare le cose come stanno anche a maggio, si appresta a presentare al governo una serie di proposte per messe e funerali che prevedano la presenza di fedeli.

Lo annuncia un esperto costituzionalista: «Non affiderei ad un Dpcm la decisione di quali messe celebrare a quali no. – dice Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale in una intervista all’Adnkronos-. Ne uscirei con un semplice atto di collaborazione in cui lo Stato stabilisce i requisiti sanitari ma senza fare divieti assoluti. Il punto sarà calibrare. Magari partendo dalle messe feriali nelle quali non c’è grande affollamento di fedeli. Insomma, messe con un numero ristretto di fedeli, con la giusta distanza e la mascherina. Magari misurando all’ingresso la temperatura con i termoscanner, nel rispetto del diritto costituzionale al culto. Lo Stato curi l’aspetto sanitario con provvedimenti meno grossolani , con attenzione alla Costituzione e agli impegni internazionali dello Stato tra i quali, ricordo, c’è anche il Concordato che regola i rapporti Stato Chiesa».

Per la fase 2 dovrà uscire un provvedimento ragionevole e proporzionale. Il costituzionalista , ragionando sui precedenti Dpcm, dice che «le formule adottate per l’aspetto religioso sono ampie e con qualche elasticità. Si era partiti con una chiusura ma questo sarebbe stato non legittimo perché sopprime un diritto garantito dalla Costituzione. Nell’ ultimo Dpcm poi si estende il divieto anche i funerali. Non ci può essere un divieto della messa, ci può essere il divieto di radunare più persone ma con un bilanciamento ragionevole. Per quel che riguarda i rapporti con la Chiesa,vale il principio di cooperazione dell’84. Reciproca collaborazione ma è un sistema che mantiene poteri distinti nella collaborazione. Non un puro atto di polizia, insomma. Occorre trovare un contemperamento delle diverse esigenze. Quando la circolare del Viminale disse che si poteva andare in chiesa solo se si usciva per comprare il pane, questo è palesemente irragionevole. Occorre maggiore flessibilità e salvaguardare -per quanto è necessario e non oltre- la incolumità delle persone per evitare la diffusione del contagio».

Insomma anche per l’ex presidente della Corte Costituzionale il decreto di Giuseppe Conte presenta chiari aspetti d’incostituzionalità.

Paolo Padoin

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