venerdì, maggio 2, 2025

Dopo il Tar del Piemonte, anche la Cassazione conferma un importante principio: le minoranze, che siano rom o extracomunitari o migranti non possono appellarsi alla tutela di presunti diritti delle minoranze per violare o non rispettare le nostre leggi e i nostri costumi. Finalmente i giudici, amministrativi e ordinari, sbattono la porta in faccia alle interpretazioni magnanime e buoniste di tanti loro colleghi, della Associazioni caritatevoli e umanitarie, della Chiesa e della sinistra.

Gli immigrati che hanno scelto di vivere nel mondo occidentale hanno «l’obbligo di conformarsi ai valori della società nella quale hanno deciso di stabilirsi ben sapendo che sono diversi dai loro e non è tollerabile che l’attaccamento ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante». Lo sottolinea la Cassazione condannando un indiano sikh che voleva circolare con un coltello sacro secondo i precetti della sua religione.

«In una società multietnica – prosegue il verdetto – la convivenza tra soggetti di etnia diversa richiede necessariamente l’identificazione di un nucleo comune in cui immigrati e società di accoglienza si debbono riconoscere. Se l’integrazione non impone l’abbandono della cultura di origine, in consonanza con la previsione dell’art. 2 della Costituzione che valorizza il pluralismo sociale, il limite invalicabile è costituito dal rispetto dei diritti umani e della civiltà giuridica della società ospitante».

Così i supremi giudici hanno respinto il ricorso di Jatinder S. (32 anni), condannato a duemila euro di ammenda dal Tribunale di Mantova nel 2015, perché era stato sorpreso a Goito (Mn), dove una grande comunità sikh, mentre usciva di casa armato di coltello. L’indiano aveva sostenuto che il kirpan, come il turbante era un simbolo della religione e il portarlo costituiva adempimento del dovere religioso. Ad avviso della Suprema Corte è essenziale l’obbligo per l’immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi, e di verificare preventivamente la compatibilità dei propri comportamenti con i principi che la regolano e quindi della liceità di essi in relazione all’ordinamento giuridico che la disciplina. La decisione di stabilirsi in una società in cui è noto, e si ha la consapevolezza, che i valori di riferimento sono diversi da quella di provenienza, ne impone il rispetto e non è tollerabile che l’attaccamento ai propri valori, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante. La società multietnica – aggiunge inoltre la sentenza 24084 – è una necessità, ma non può portare alla formazione di arcipelaghi culturali configgenti, a seconda delle etnie che la compongono, ostandovi l’unicità del tessuto culturale e giuridico del nostro Paese che individua la sicurezza pubblica come un bene da tutelare e, a tal fine, pone il divieto del porto di armi e di oggetti atti ad offendere».

Non è in discussione la libertà di religione, spiega la suprema Corte, ma ci sono dei limiti stabiliti dalla legislazione in vista delle tutela di altre esigenze, tra cui quelle della pacifica convivenza e della sicurezza, compendiate nella formula dell’ordine pubblico. In proposito, gli ermellini ricordano che proprio in nome dei diritti e delle libertà altrui, dell’ordine pubblico e della sicurezza, la Corte di Strasburgo ha giustificato il limite all’utilizzo del velo islamico, e il divieto di indossare visibili croci cristiane in un ambiente di lavoro dove i sikh avevano accettato di non indossare turbanti e di portare il kirpan.

Tutto molto chiaro, ma già si levano alti lai della sinistra a tutela degli islamici e degli altri gruppi che professano religioni e usi diversi dai nostri, le cui abitudini, a detta della sinistra, ma non dei giudici, dovrebbero essere salvaguardate e rispettate, anche a costo di calpestare le nostre tradizioni. Dicono infatti dal Pd: «Speriamo che ora non sia usata come una clava dai vari Salvini! Perché la sentenza della Cassazione, che richiama gli immigrati che hanno scelto di vivere nel mondo occidentale all’obbligo di conformarsi ai valori della società nella quale hanno deciso di stabilirsi, conferma un principio semplice e giusto. E si riferisce ad un caso singolo. A noi preoccupa la fanfara della xenofobia che userà una sentenza che difende un corretto uso del diritto di tutti come un”arma nei confronti di qualcuno». Come dire, la sentenza riguarda il caso dell’indiano, ma gli altri nostri ospiti, spesso sgraditi, possono fare comunque il comodo loro.

 

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