E’ rimasto pochi minuti in sala stampa, Paulo Sousa. Muso lungo e una premessa: «Siccome avete scritto di minacce a fine stagione, ora rispondo solo a domande di calcio. Esclusivamente di calcio giocato». Si prova a fare qualche domanda, ma è come buttare una pallina sul muro: rimbalza. Proviamo a far capire che nessuno è in guerra con lui e che quindi può parlare pacato e rilassato, ma non c’è nulla da fare. Un giornalista chiede anche se lui, portoghese, conosce la rivalità esistente fra i tifosi del Benfica e dello Sporting Lisbona, in mezzo ai quali è morto il povero Marco Ficini. Muto anche su questo. E non risponde nemmeno alla domanda sul perchè è rimasto per tutta la partita a sedere in panchina e non è stato a bordo campo a dare indicazioni ai giocatori, come sempre. Neanche a questo ha voluto rispondere. In tv avrebbe affermato che aveva la febbre. Ma perchè questo atteggiamento? E’ vero che siamo ormai alla fine di una stagione tribolata, nonostante la vittoria sull’Inter, ma un atteggimento di questo genere, da parte di un allenatore, non è francamente giustificabile.
Poi è stata la volta di Stefano Pioli. Che allarga le braccia: «Abbiamo avuto un black out inspiegabile. Non posiamo essere quelli del secondo tempo. Ci stiamo tradendo da soli. Abbiamo buttato tutto quello che eravamo riusciti a fare. Ai giiocatori ho detto qualcosa, ma credo sia meglio che rimanga fra noi».