Circa duemila lavoratori metalmeccanici provenienti da tutta la provincia di Livorno hanno dato vita ad una manifestazione per le vie di Piombino per chiedere risposte sullo stallo del progetto di rilancio di Aferpi. L’ex acciaierie sono ormai da due anni in mano all’agerina Cevital di Issad Rebrab, ma il piano di investimenti non ha rispettato il crono-programma definito con Regione e Governo.
Un lungo corteo, con in testa i segretari generali dei tre sindacati, Marco Bentivogli (Fim), Maurizio Landini (Fiom) e Rocco palombella (Uilm), è partito dal cavalcavia dello stabilimento ex Lucchini per raggiungere il centro della città.
«Ci attendiamo – spiegano i sindacati – risposte dal Governo sul progetto Cevital, sugli ammortizzatori sociali, sulla proroga della legge Marzano, sul finanziamento del Piano industriale. La politica ha il dovere di governare, basta con le inadempienze dell’imprenditore e col tergiversare, qui è a rischio il polo siderurgico piombinese. Sta al Governo decidere se si deve staccare la spina al progetto Cevital o continuare a crederci. Piombino torni a colare acciaio».
In piazza Verdi sono andati in scena i comizi conclusivi. «Porteremo la vertenza Piombino davanti a Palazzo Chigi e chiederemo un incontro a Gentiloni» – promette dal palco il segretario generale della Fiom Landini. «Se dall’incontro di lunedì prossimo, 27 marzo, al Mise non ci saranno risposte concrete – aggiunge – lanceremo una grande manifestazione a Roma, davanti a Palazzo Chigi e chiederemo un incontro con Gentiloni».
La necessità di coinvolgere il Governo quale garante dell’accordo con Rebrab è ribadita anche dal segretario della Uilm Palombella: «Piombino deve tornare a produrre acciaio e quest’obiettivo deve essere la primaria condizione che deve caratterizzare l’attività del gruppo Cevital. In caso contrario è il governo che dovrà assumersi la responsabilità di ripristinare la concreta produzione del sito siderurgico in questione».
«E’ inaccettabile – ha continuato Palombella – la stasi che grava su questa vertenza col rischio di drammatiche ripercussioni sociali ed industriali se non ci fosse la continuità produttiva dello stabilimento. L’azienda – conclude – prevede una ripresa parziale dell’attività produttiva dal 3 aprile, con un orizzonte che arriva sino alla fine di luglio ed entro questo arco temporale la proprietà dovrà rispondere almeno agli impegni legati ai contratti già firmati».