Le pensioni di reversibilità spettanti al coniuge superstite sono da tempo nel mirino del legislatore e dell’Inps, che cercano di utilizzare ogni artificio (legale) idoneo a ridurre sempre più gli assegni da elargire.
BASE PARTENZA – Come noto la base di partenza per la concessione dell’assegno di reversibilità prevede già un taglio iniziale della pensione rispetto a quella riscossa dal defunto o a quella cui avrebbe avuto diritto il lavoratore in servizio (taglio secco del 40% per cui la pensione viene determinata al 60% di quella che sarebbe spettata al coniuge).
TAGLI – La legge successivamente ha introdotto altri tre tagli che scattano a determinate condizioni e che rendono adesso la pensione ancora più modesta. Questi ulteriori tagli sono applicati nei casi in cui il titolare del diritto abbia un reddito personale superiore a determinati tetti che si modificano ogni anno in base alle variazioni percentuali che determinano la perequazione delle pensioni (ex scala mobile).
2017 – Quest’anno il o la vedova si vede ridurre la pensione di una cifra che va dal 25% al 50% di quanto ha diritto, a seconda che il suo reddito superi il limite annuo lordo di 19.573,71 euro (circa 1.300-1.500 euro netti al mese). In quest’ipotesi, l’Inps opera un taglio: a) del 25% se il reddito è compreso tra 19.573,72 euro e 26.098,28 euro; b) del 40% se il reddito è compreso tra 26.098,29 euro e 32.622,85 euro; c) del 50% se supera anche questa ultima cifra.
Dunque, in quest’ultima ipotesi, il coniuge superstite subisce una batosta terrificante, che riduce l’importo già decurtato al 60% della pensione originaria, al solo 30%, cioé quasi niente. Nelle tre ipotesi citate infatti gli ulteriori tagli portano la pensione di reversibilità a ridursi rispetto a quella del defunto, a un importo pari riuspettivamente al 45%, al 36% e infine al 30%.
ESEMPIO – Per renderci meglio conto della tagliola subita da questo tipo di pensioni, Bruno Benelli su La Stampa, ha fatto un esempio particolarmente significativo, partendo dalla rendita ipotizzata per il defunto pari a 1.600 euro lordi al mese. La pensione ai superstiti scende immediatamente a 960 euro e se la titolare ha redditi propri inseriti nelle tre fasce sopra indicate la rata mensile precipita rispettivamente a 720 euro, a 576 euro e si arena a 480 euro. Nessun taglio se contitolare della pensione è anche un figlio. In questo caso la legge chiude un occhio sui redditi del superstite e consente il pagamento pieno spettante per legge (60% alla vedova 20% al figlio 20% all’eventuale secondo figlio, fino al tetto massimo del 100%). Ma nel momento in cui il figlio o i figli cessano dal diritto alla pensione (perché hanno superato la minore età, oppure hanno terminato gli studi, ovvero non sono più inabili) l’Inps opera il taglio.
E infine pare sia inutile anche un tentativo di ricorso alla Consulta, che ha statuito la piena legittimità della legge Dini dal 1995.