Salvini: o elezioni o governo di transizione con il M5S

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Dopo la riunione con lo Stato maggiore leghista è stata decisa la proposta da presentare al Capo dello Stato. Se Mattarella volesse puntare su un governo di transizione per varare la legge di bilancio e poi portare il Paese alle urne non si metterà di traverso. Se dovesse ripartire – ipotesi molto remota – l’alleanza giallo-verde ritornerebbe a trattare con Di Maio, a patto che non ci sia più Conte a palazzo Chigi. Insomma Matteo Salvini oggi alle consultazioni al Quirinale non indicherà al Capo dello Stato solo l’opzione delle elezioni anticipate. Il leader leghista rilancia l’appello: porte sempre aperte ai 5 Stelle.

Il tentativo è quello di sganciare quei pentastellati che temono l’abbraccio della morte con Renzi. E a detta dei leghisti sono in tanti nel M5S che stanno chiamando per esprimere perplessità. «Questo inciucio la convinzione di Salvini andava avanti già da giugno». Ecco perché i lumbard avevano preso le contromisure. Raccontano che Giorgetti, tramite i suoi canali al Nazareno, avesse avuto rassicurazioni da Zingaretti sulle urne.

«Ci affidiamo alla saggezza di Mattarella, non può dare il via libera a un governicchio che non ha il consenso nel Paese». Per i leghisti un governo Pd-M5s avrebbe breve durata: «Li aspetto al varco, dovranno sempre confrontarsi con le urne». Ma la paura di finire all’opposizione – e magari di tornare nel mirino delle procure – è tanta. Gli ultimi sondaggi sul tavolo di Salvini registrano un calo del Carroccio. «Se durano quattro anni per noi sarà difficile…», l’ammissione di molti esponenti. Dietro l’angolo la prospettiva che i provvedimenti di matrice salviniana dalla sicurezza all’immigrazione possano venire smantellati.

«Al Viminale si preparano a cambiare rotta». Salvini fino all’ultimo giorno utile rimarrà nel suo ministero. Ieri altre riunioni per impedire che si avvii già una politica dei porti aperti. Per ora la strategia è quella di tenere i toni bassi. Salvini lancia però un avvertimento a Forza Italia se mai pensasse di sostenere un nuovo esecutivo: «Chi va al governo con il Pd, non va al governo con la Lega». Niente ricorso al popolo (anche se ieri ha portato i suoi deputati in piazza Montecitorio) fino a quando non sarà chiaro l’esito della trattativa. Mobilitare i militanti potrebbe facilitare il lavoro dei pontieri tra Pd e M5S. E irritare il Capo dello Stato che vede come fumo negli occhi iniziative popolari scomposte. L’immagine di ieri è quella di una Lega unita. «Matteo avrà anche fatto degli errori, ma sbaglia chi ci dà per morti», il coro unanime di deputati e senatori.

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