il rapporto della DIA sulla criminalità organizzata in regione

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A Firenze e nel resto della Toscana, i sodalizi calabresi hanno consolidato la tendenza a diversificare gli
investimenti, dimostrando attitudini imprenditoriali in diversi settori, oltre alla capacità di adattamento ai variegati contesti socio-economici, anche mediante condotte collusive. E’ quanto si legge nella nuova relazione semestrale della Dia.

È verosimile ritenere che elementi contigui alle famiglie ‘ndranghetiste possano facilmente riuscire ad inserirsi in società commerciali e finanziarie, grazie alla disponibilità di consistenti capitali illeciti – sostiene l’analisi della Dia – La riprova di questa tendenza è data sia dall’attività di aggressione ai patrimoni svolta nel semestre dalla Dia, sia dai provvedimenti interdittivi antimafia adottati dalle Prefetture toscane.

Nel mese di luglio, beni per un valore di 2 milioni di euro sono stati confiscati dalla Dia ad un imprenditore calabrese, attivo da molti anni a Firenze nel settore della ristorazione, legato alle cosche reggine. Su proposta del direttore delle Dia, inoltre, nel mese di dicembre è stato sequestrato a Prato e nella provincia di Reggio Emilia, un patrimonio del valore di oltre un milione di euro nella disponibilità di un imprenditore di origini crotonesi, noto esponente della ‘ndrangheta in Emilia Romagna.

L’attività di analisi svolta dalla Prefettura di Prato, con il contributo della Dia di Firenze, ha consentito, inoltre, di intervenire nei confronti di due aziende aggiudicatarie di appalti pubblici in Toscana, nell’ambito della ristorazione e della gestione delle mense di enti pubblici e privati.

Il 20 luglio 2018 il prefetto ha emesso un provvedimento interdittivo antimafia nei confronti di una società di Firenze, operativa anche in altre regioni, per i collegamenti tra l’amministratore unico della società e le cosche Arena e Nicoscia di Isola di Capo Rizzuto (Kr).

Un ulteriore provvedimento è stato adottato, il successivo 2 novembre, dalla stessa Prefettura nei confronti di una società del posto, impegnata nella ristorazione e nella fornitura pasti per enti pubblici, in quanto partecipata da una società già interdetta.

La Dia rileva anche che, sempre nel mese di luglio 2018,a Vecchiano (Pi), nella frazione di Migliarino, la Polizia di Stato hasorpreso e arrestato un latitante della cosca Morabito di Africo (Rc).

Nel semestre preso in esame dalla Dia «non si sono registrate evidenze in merito ad attività criminali condotte da consorterie riconducibili alla mafia siciliana in Toscana, sebbene si continui a registrare la presenza di soggetti affiliati o comunque ad essa ritenuti vicini. Se da un lato la percezione della presenza criminale siciliana nella
regione risulta, negli ultimi tempi, diminuita rispetto alle espressioni mafiose calabresi e campane, dall’altro non bisogna sottovalutare la tendenza delle proiezioni isolane a mantenere un basso profilo fuori dai territori di elezione. Tale atteggiamento è spesso funzionale al reinvestimento dei capitali illeciti, realizzato attraverso il supporto di figure professionali capaci di padroneggiare il complesso sistema finanziario e tributario.

Sotto questo aspetto, annota la Dia, i sodalizi siciliani tendono ad implementare i propri canali relazionali,
avvalendosi della collaborazione di un’area grigia, fatta di imprenditori e professionisti che, per varie motivazioni, si lasciano avvicinare o addirittura si rivolgono alla criminalità organizzata per rafforzare i propri affari.

Già nel semestre precedente, nel mese di marzo 2018, due fratelli palermitani, effettivi proprietari di una nota pasticceria nel centro storico di Firenze, gestita attraverso vari prestanome, erano stati arrestati per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. La fittizia intestazione della titolarità dell’attività, sottoposta a sequestro preventivo il successivo 12 giugno 2018, aveva lo scopo di schermare la reale proprietà ed eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione, essendo i due fratelli pluripregiudicati per gravi reati.
L’interesse dei personaggi in vario modo riconducibili ai sodalizi mafiosi siciliani nell’area toscana è stato diretto, anche all’acquisizione, nel tempo, di fondi e tenute agricole di valore, sempre per reinvestire e riciclare capitali illeciti.

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Le proiezioni criminali di matrice camorristica in Toscana risultano distribuite in maniera eterogenea sul territorio, con maggiore concentrazione sulla fascia costiera, in particolare nelle province di Grosseto (nell’altaMaremma) e di Lucca (in Versilia), con la presenza di soggetti legati al clan dei Casalesi, nonché nella provincia di Prato.

Nell’operare fuori area, anche i clan campani evitano la commissione di azioni in grado di attirare l’attenzione delle istituzioni e mediatica. In qualche caso, tuttavia, tendono a ricostruire vere e proprie strutture operative in grado di mettere in atto condotte estorsive tipiche dell’agire camorristico, con i proventi che vengono così reimpiegati in attività economiche del posto.

Ancora nella provincia di Massa Carrara, riscontri investigativi più recenti hanno rilevato analoghe condotte estorsive, operate questa volta in sinergia fra esponenti di camorra e sodali della ‘ndrangheta. È quanto emerge dall’operazione “Drago” sviluppata nei confronti di una organizzazione criminale, radicata sul territorio apuano, dedita alla commissione di estorsioni, con l’aggravante del metodo mafioso e alla falsificazione di banconote e titoli di credito. Tra i 7 arrestati, 2 risultano vicini alla camorra e uno alla ‘ndrangheta. I risultati investigativi hanno evidenziato la particolare dimestichezza nel portare a compimento i reati e l’elevatissima capacità organizzativa degli indagati ”in grado di muovere anche altri soggetti, siano essi criminali già affermati, ovvero con esponenti di spicco della ‘ndrangheta, ovvero cittadini incensurati.

La presenza in Toscana di soggetti provenienti dal centro/nord Africa è ormai radicata da anni, scrive la Dia nel
rapporto. E’ stata confermata l’operatività di elementi appartenenti ad organizzazioni criminali di origine sia maghrebina (provenienti dal Marocco, dalla Tunisia, dall’Algeria) che nigeriana nello spaccio di sostanze stupefacenti e nello sfruttamento della prostituzione. Proprio i soggetti di origine nigeriana risultano particolarmente attivi nello smercio degli stupefacenti nel capoluogo toscano e nel pistoiese.

La Toscana continua a essere un polo di attrazione anche per i gruppi etnici provenienti dai Paesi dell’ex Unione Sovietica, in particolare ucraini, moldavi e georgiani, che risultano attivi prevalentemente nella commissione di reati di natura predatoria», conclude il rapporto della Dia sulla situazione della criminalità organizzata nella regione.

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