ospedali, rischio chiusura sale operatorie causa ferie

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L’arrivo dell’estate, e delle ferie dei medici, rischia di incidere su un Ssn segnato da una drammatica carenza di operatori. «In questi giorni si stanno programmando le attività estive e i miei colleghi primari, non solo di chirurgia, sono alle prese con il rebus delle ferie. Un’operazione resa ancor più complessa dal fatto che gli organici già sono carenti. Se da un lato si cercherà di ridurre i giorni di riposo concessi ai medici, senza naturalmente intaccare il minimo previsto per legge, in parte a risentirne saranno anche gli interventi e le attività ospedaliere». Ad affermarlo all’Adnkronos Salute Pierluigi Marini, presidente dell’Associazione chirurghi ospedalieri italiani (Acoi).

Non è ancora possibile, secondo Marini, avere una stima precisa dell’effetto ferie sulle attività degli ospedali italiani, primi fra tutti gli interventi chirurgici che rischiano di essere tagliati, come sta già succedendo in alcuni ospedali.

Si prospetta dunque una situazione difficile, «che denunciamo da almeno 5 anni, ma che peggiorerà nei prossimi anni. Secondo alcune stime – ricorda il chirurgo – nel 2025 la sanità pubblica affronterà un’ulteriore riduzione di organico: il 53% degli specialisti in servizio (non solo di chirurgia) andrà via, per motivi pensionistici o perché sceglierà il privato. Considerato che adesso in servizio abbiamo poco meno di 7 mila chirurghi, se la metà andrà via saremo davvero costretti a chiudere le sale operatorie».

E se in alcune regioni si tenta di tamponare le carenze richiamando medici pensionati, medici militari o colleghi da
altre regioni, in attesa di inserire in organico gli specializzandi degli ultimi anni, per Marini «le molte ricette che ho sentito non sono soddisfacenti, almeno per la chirurgia. Sostituire un chirurgo con uno specializzando che non ha completato il percorso formativo apre a tutta una serie di problemi, anche di sicurezza. L’Italia si sta preparando a
importare specialisti dall’estero. La ricetta non può essere quella di mettere degli specializzandi a sostituire chi se ne va. Già da tempo bisognava investire in formazione, ora soprattutto è il momento di creare le condizioni per cui i giovani medici non vadano all’estero», conclude.

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