L’ingloriosa fine dei gilet gialli in Francia. Sette mesi di mobilitazione, risultato quasi zero

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Che fine hanno fatto i Gilet Gialli? E dov’è finito il Movimento nato il 17 novembre dello scorso anno che alla sua prima uscita aveva portato in piazza 280 mila persone, paralizzando Parigi e la Francia tra picchetti sulle rotaie dell’Esagono, strade e autostrade bloccate, fabbriche occupate e centri decisionali dell’élite attaccate?

Dopo sette mesi, la mobilitazione si è già sgretolata, i leader storici sono scesi tutti dal carro e il risultato catastrofico ottenuto dalle tre liste gialle alle elezioni europee, 0,58 per cento in totale, ha scoraggiato anche gli ultimi resistenti che credevano di fare la révolution con i social network.

Tuttavia di gilet irriducibili ce ne sono ancora diversi in circolazione. E i numeri dicono che il movimento è molto più ampio di quei manifestanti che continuano ogni sabato, contro ogni intemperia, a sfilare nelle strade di Francia «per denunciare il presidente dei ricchi’, il ‘fottuto banchiere’ (copyright Mélenchon) di cui non c’è da fidarsi anche se ha scucito 10 miliardi di misure per rispondere alla rabbia della provincia».

Secondo il quoptidiano parigino Le Monde è arrivata «l’heure du découragement», cioè il tempo della disillusione. E anche della rassegnazione. Dello sconforto per una mobilitazione che era iniziata «con vigore ma senza guerriglie urbane e con denunce ritenute legittime all’eccessiva pressione fiscale francese, finendo poi per diventare una protesta ottusa e senza obiettivi precisi contro Macron e tutto ciò che rappresenta».

Christophe Chalençon, il fabbro originario del Vaucluse, uno dei principali leader del movimento, si è presentato alle elezioni europee con la lista Evolution citoyenne ottenendo un misero 0,01 per cento. –Le altre due liste gialle, l’Alliance citoyenne del cantante Francis Lalanne e il Mouvement pour l’initiative citoyenne che aveva come unico punto programmatico la generalizzazione del Ric, il referendum d’iniziativa civica, hanno raccolto rispettivamente lo 0,54 per cento e lo 0,03.

Jean-Yves Camus, direttore dell’Observatoire des radicalités politiques aggiunge: «Gran parte dei gilet hanno l’impressione di essersi mobilitati per settimane senza essere ascoltati fino in fondo, senza ricevere risposte all’altezza delle loro rivendicazioni. C’è anche il sentimento che le manifestazioni siano state represse con troppa durezza dalla polizia. In alcuni casi, non c’era alternativa perché ci sono stati dei veri e propri disordini e scene di guerriglia urbana, ma altre volte ci sono stati degli eccessi che hanno causato dei feriti gravi. Per la coesione nazionale, di certo, non è una bella notizia».

Macron è riuscito per ora, con la forza della Polizia e con l’astuzia del grande dibattito nazionale, che non ha portato alcun effetto, a disinnescare la protesta che poteva divenire pericolosa e aveva anche contagiato mezza Europa. Adesso la grande incognita è la “frustration” che pervade tutti i protestatari di ieri e che non si sa dove possa condurre, oggi e in futuro.

Paolo Padoin

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