Ricollocazione migranti irregolari: interessante proposta dei ministri dell’Interno Ue

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Un articolo di Riccardo Mazzoni, pubblicato sul Tempo, riporta una notizia interessante, che dimostra come nell’Ue non ci sia ancora chiarezza sul futuro della politica migratoria. Il vertice Ue sugli immigrati dei ministri degli Interni dei Paesi Ue a Lussemburgo è passato alle cronache solo per l’assenza di Salvini, ma in realtà ha partorito una novità importante: l’ipotesi di trasferire i migranti irregolari nei Balcani, una vecchia proposta dei governi di Austria e Danimarca rispolverata e attualizzata nella nuova direttiva sui rimpatri.

Tra i punti dell’intesa è infatti prevista la possibilità di «rimpatriare un cittadino di un Paese terzo verso qualsiasi Paese terzo sicuro». Essendo impossibile rispedire gli irregolari verso i Paesi di origine che non hanno firmato accordi di riammissione, dunque, l’Europa ha individuato questa scorciatoia che ricalca l’accordo siglato tre anni fa con la Turchia di Erdogan, sbrigativamente considerata «Paese sicuro» quanto a rispetto dei diritti umani, perché c’era da bloccare in fretta la rotta balcanica.

Naturalmente i Paesi extra-Ue che decideranno di accogliere i migranti irregolari saranno ricompensati in denaro, sulla falsariga di quanto è accaduto con la Turchia, ma ci vorrà anche l’accordo dei Paesi confinanti, per evitare i cosiddetti movimenti secondari. Si tratta di una proposta di difficile attuazione e che comunque non risolverebbe, per il governo italiano il problema dei rimpatri. In questi anni l’immigrazione è stata al centro di una miriade di direttive europee, tutte puntualmente disattese, perché è sempre mancata una strategia comune.

Il summit de La Valletta del 2015 tentò di trasferire in Africa le frontiere europee, bloccando alla partenza sia i migranti economici che i richiedenti asilo, stanziando fondi fiduciari per facilitare le trattative con i Paesi di origine e di transito sulla rotta mediterranea promuovendo progetti di sviluppo che dovevano sradicare le cause della migrazione oltre a sviluppare un ferreo sistema di controllo per identificare i migranti in transito. La logica era quella di utilizzare i fondi della cooperazione per convincere gli Stati africani a collaborare nella chiusura delle loro frontiere e nella riammissione dei loro cittadini fuggiti in Europa.

Ma la maggior parte dei finanziamenti destinati ai Paesi in via di sviluppo, come avvenuto sempre in passato si sono quasi sempre fermati alle élites governanti senza alcun beneficio per le popolazioni. L’Ue dovrebbe imboccare la via maestra della riforma del regolamento di Dublino, compatibile con le esigenze di Italia e Grecia, i Paesi assediati dall’invasione di migranti, l’unica in grado di applicare concretamente il principio di solidarietà comunitaria.

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