al Teatro del Maggio «La straniera» di Bellini, per la prima volta nella versione originaria

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Per l’LXXXII Festival del Maggio Musicale Fiorentino debutta al Teatro del Maggio martedì 14 alle 20 «La straniera», opera tra le meno eseguite di Vincenzo Bellini, di fatto mai entrata in repertorio. A Firenze è stata rappresentata solo una volta, al Teatro della Pergola nel 1830, ma nella seconda versione rivista e adattata, come usava, al cast. Per la nuova edizione critica della versione originaria integrale (i tagli saranno minimi e non interessano mai più di 6- battute), datata 1829, è un debutto. Solo tre le recite (oltre alla prima, giovedì 16 alle 20 e domenica 19 alle 15.30).

Sul podio dell’Orchestra e del Coro del Maggio Musicale Fiorentino ci sarà Fabio Luisi, notoriamente specialista di Belcanto, sul quale porterà avanti in teatro un progetto articolato, fra opere note e rarità come questa. Era stato un successone, il debutto alla Scala il 14 febbraio 1829 ed ebbe successo anche la ripresa del 1830, ma poi cadde nel dimenticatoio, fino al recupero a Palermo nel 1968, protagonista Renata Scotto. Le riprese successive si contano sulle dita delle mani, anche se il ruolo di protagonista fu sempre affidato a grandi cantanti (pour cause, visto che la primadonna che Bellini aveva a disposizione per il cast del debutto era Henriette Méric-Lalande, gran soprano drammatico d’agilità).

A vestire i panni della straniera il soprano Salome Jicia, giovane georgiana consacrata appena tre anni fa dal Rossini Opera Festival e oggi richiestissima. Insieme a lei Laura Verrecchia (Isoletta), Dario Schmunck (Arturo), Serban Vasile (Il barone di Valdeburgo), oltre ad alcuni giovani artisti dell’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino: Adriano Gramigni (Il Priore degli Spedalieri), Dave Monaco (Osburgo) e Shuxin Li (Il signore di Montolino).

Il nuovo allestimento del Maggio Musicale Fiorentino si avvale della regia del giovane Mateo Zoni, al debutto operistico (è il regista del film «Il club dei 27»), che ne dà una lettura in chiave vagamente surrealista, con costumi ispirati al medioevo dell’immaginario collettivo contemporaneo (quello tratteggiato da serie tv come «Il Trono di spade», sopratutto) e scene ridotte all’osso, coi dettagli paesaggistici essenziali – soprattutto il lago, che ha molta importanza nella trama – resi con giochi di luce e riflessi di specchi collocati in punti strategici, anche sui costumi stessi, che investono il pubblico: a un certo punto la sala stessa sarà un grande lago. D’altronde alle luci c’è un personaggio ben noto al pubblico cinematografico e televisivo, Daniele Ciprì (quello di Cinico TV con Maresco), regista e sceneggiatore, ma anche esperto direttore della fotografia e montatore per registi di grosso calibro.

L’attualizzazione del libretto è leggerissima, dall’epoca di Filippo Augusto (la vera Agnese di Merania morì di parto nel 1201; la sposa legittima era in realtà Ingeborg di Danimarca, sposata nel 1193 e ripudiata all’indomani delle nozze; le nozze con Agnese nel 1196 costarono al re un interdetto papale e fu costretto a riprendersi l’invisa danese nel 1200) al Trecento.

«La straniera è ambientata in Bretagna, nei dintorni del misterioso Castello di Montolino, nel 1300 circa: il luogo non esiste e la datazione è del tutto inspiegabile perché, nel libretto, si fa riferimento al re di Francia Filippo II e alla moglie ripudiata Agnese, la Straniera appunto, entrambi morti circa un secolo prima» spiega il regista Mateo Zoni. «Con queste premesse, pensare di collocare il dramma in un medioevo storicamente esatto, è da considerarsi forse un errore. L’opera non si rivela a un primo ascolto: più ci si interroga sulla messa in scena, più ci si rende conto di quanto l’ampia licenza storica sia tutt’altro che frutto di approssimazione. Bellini, a differenza di altri maestri, sa che bisogna lasciare volutamente alcune porte aperte: non precisare troppo sulla carta significa non chiudere possibilità a chi dovrà interpretare “La straniera” nei secoli a venire. Per il modo unico di penetrare l’inconscio, è il genere di dramma che sarebbe piaciuto a André Breton o Luis Buñuel. Un caso estremo nell’arte belliniana. Più che fortemente romantica, appare oggi quasi un’opera surrealista ante litteram: avanguardia che sarebbe venuta un secolo più tardi».

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Teatro del Maggio Musicale Fiorentino (Piazzale Vittorio Gui)

Martedì 14 e giovedì 16 maggio alle 20; domenica 19 maggio alle 15.30

«La straniera». Melodramma in due atti di Felice Romani. Musiche di Vincenzo Bellini. Versione del 1829. Edizione critica a cura di Marco Uvietta, Casa Ricordi, Milano. Con il contributo del Teatro Massimo Bellini di Catania. Nuovo allestimento del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. Orchestra e del Coro del Maggio Musicale Fiorentino, Maestro concertatore e direttore Fabio Luisi, Maestro del Coro Lorenzo Fratini. La Straniera: Salome Jicia – Il signore di Montolino: Shuxin Li – Isoletta: Laura Verrecchia – Arturo: Dario Schmunck – Il barone di Valdeburgo: Serban Vasile – Il Priore degli Spedalieri: Adriano Gramigni – Osburgo: Dave Monaco. Regia Mateo Zoni, scene Tonino Zera e Renzo Bellanca, costumi Stefano Ciammitti, luci Daniele Ciprì, aiuto regista Daniele Piscopo, aiuto costumista Ilaria Salgarella. Figuranti speciali Elena Barsotti, Gaia Mazzeranghi, Paolo Arcangeli, Cristiano Colangelo, Pierangelo Preziosa.

Biglietti da 40 a 130 euro per la prima, da 35 a 120 per le repliche; in vendita in biglietteria, nei punti Box Office e sul sito del Maggio

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