Tav Torino-Lione: vertice e decisione entro domani 6 marzo. Il Governo rischia la crisi

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Il tempo non ha accorciato le distanze: la Lega è in pressing per il Sì alla Tav, il M5s fermo sul No. Giuseppe Conte ne prende atto dopo aver incontrato Matteo Salvini e Luigi Di Maio, con Danilo Toninelli, a PalazzoChigi. E avoca a sé la mediazione impossibile: compiere entro venerdì una scelta ispirata a razionalità politica che sia accettabile da entrambi senza aprire una crisi di governo.

Il M5s è in fibrillazione: il sottosegretario Stefano Buffagni dice che se ci sarà il Sì è pronto ad andare a casa. L’esecutivo non rischia, assicura il premier. Ma il capo M5s resta inostinato silenzio. E Salvini, tranquillissimo sulla tenuta della maggioranza, preme per la decisione finale domani, dopo un nuovo vertice.

Tra Torino e Lione il governo si gioca il suo futuro. Ed è un futuro nebuloso, con il meteo che indica tempesta. Al di là dei formalismi, della mediazione più difficile del premier Giuseppe Conte, di un’ipotesi rinvio che cala con il passar delle ore, tra M5S e Lega, sulla Tav sembra che non ci possa essere accordo. Di fatto l’esito sarà un “sì” o un “no” esono proprio questi due monosillabi ad essere stati ripetuti,questa mattina, dai due leader giallo-verdi, Matteo Salvini eLuigi Di Maio. Entrambi riuniti nel primo vero vertice politico sul dossier, conclusosi con una sostanziale fumata nera. Al tavolo di Palazzo Chigi – presenti oltre al premier i due vice e il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli – le posizioni, raccontano fonti della maggioranza, sono risultate ben presto cristallizzate. Il M5S ha come “faro” un”analisi”razionale” della relazione costi-benefici conclusasi con una bocciatura, di fatto, dell”opera. La Lega, è il mantra che viene ripetuto ormai da tempo, non potrà dire di “no” all”opera.

A prescindere delle conseguenze, sulle quali fonti leghiste si esprimono rimarcando di essere umanamente vicine allaposizione di Di Maio. Una posizione scomoda come non mai che, incaso di “si” all”opera, potrebbe innescare una fatale deflagrazione nei gruppi pentastellati. E non è escluso che DiMaio abbia fatto presente questo rischio al tavolo di PalazzoChigi. Ecco perché, con l’avvicinarsi dell’ora X, il rischio è che le posizioni si facciano ancor più rigide. E che i venti di crisi spirino sui giallo-verdi ben prima delle Europee. Già a fine marzo, magari, quando l’Aula del Senato – dove lamaggioranza è più che mai sul filo – ospiterà una serie di votazioni thriller: il 20, sull”autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini: il 21, sulla mozione di sfiducia presentata proprio sulla Tav da Pd-Fi contro Toninelli: il 22,con l”arrivo in Aula di quel salario minimo sul quale, non a caso, oggi Di Maio torna a evocare il doppio forno dicendosi pronto a “dialogare con tutte le parti”.

Anche se, dalle parti della Lega, si derubrica la questione salario minimo definendola una manovra diversiva rispetto al grande dossier Tav. Mentre si fa meno forte la posizione di Toninelli sul quale qualcuno, nelM5S, comincia a manifestare un certo malumore per il fatto che non sia stato sufficientemente duro ed efficace sul punto già agli inizi del governo. Il M5S, dopo il blitz di ieri di Nicola Zingaretti, sul Tav si sente accerchiato. Fare la Torino-Lione costerebbe come una finanziaria o come la penale che il governo avrebbe dovuto pagare sul Tap, osservano fonti del 5S che, con un sì all”opera,non escludono più un “punto di non ritorno”. E in Transatlantico c”è chi si spinge più in là, quasi invitando, a microfoni spenti, il leader del M5S a dire di “no” qualsiasi sia la conseguenza di tale scelta. Anzi, spiega un deputato, potrebbe essere un punto su cui rivendicare uno dei pilastri del Movimento, costi quel che costi. Ma su cosa succederebbe il giorno dopo nessuno si spinge. Si naviga a vista e per Di Maio la Val di Susa non è mai stata così angusta.

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