Eseguita un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di un settimo componente del gruppo di rom coinvolti nell’inseguimento tra auto che provocò la morte del 29enne Duccio Dini.
I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Firenze e della Compagnia di Firenze Oltrarno, nell’ambito delle indagini relative ai fatti del 10 giugno 2018 in via Canova, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip presso il Tribunale di Firenze, Angelo Antonio Pezzuti, su richiesta della Procura della Repubblica del capoluogo toscano (titolare dell’inchiesta il pm Tommaso Coletta) nei confronti di un settimo indagato di etnia rom, il 38enne Kjamuran Amet, pregiudicato, residente presso il campo nomadi del Poderaccio.
Nello specifico, nel corso degli accertamenti tecnico-scientifici disposti dalla Procura della Repubblica di Firenze, i Carabinieri della Sezione Investigazioni Scientifiche del Comando Provinciale hanno repertato tracce biologiche sulla Volvo S60 che aveva inseguito l’autovettura di Bajram Rufat e provocato l’incidente all’incrocio tra via Canova e via Simone Martini, consentendo quindi di documentare la presenza anche di Kjamuran Amet sul luogo degli eventi quale componente della spedizione punitiva.
Kjamuran Amet, figlio di Remzi Amet e cognato dell’inseguito Bajram Rufat, era quindi a bordo della prima autovettura inseguitrice, la Volvo S60, appunto, alla cui guida vi era Remzi Mustafa, figlio di Antonio, e passeggeri il nonno Remzi Amet ed il cugino Dehran Mustafa, l’unico allo stato ancora in carcere, mentre gli altri sono stati scarcerati dalla nostra giustizia molto accondiscendente.
Inoltre, nei giorni precedenti al tragico evento aveva inviato numerosi messaggi in chat a suo cognato Bajram Rufat, con esplicite minacce di morte. Dopo le formalità di rito, Kjamuran Amet è stato trasferito nel carcere di Firenze Sollicciano