Ferirono il figlio della Ventura e di Bettarini: 4 condanne fino a 9 anni

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Il ragazzo, Niccolò Bettarini, ha esultato: giustizia è fatta. Infatti sono stati condannati a pene comprese tra i 5 e i 9 anni di carcere i quattro giovani imputati per l’aggressione a coltellate, calci e pugni ai danni del figlio dell’ex calciatore Stefano e della conduttrice tv Simona Ventura, dello scorso primo luglio davanti alla discoteca ‘Old Fashion’ di Milano. Lo ha deciso il gup del capoluogo lombardo Guido Salvini nel processo con rito abbreviato. Il pm Elio Ramondini aveva chiesto per tutti 10 anni di carcere.

«E’ finito un incubo. Giustizia è stata fatta». Sono le parole di Niccolò Bettarini subito dopo la sentenza con cui il gup Guido Salvini ha condannato in abbreviato i 4 giovani che lo hanno accoltellato l’1 luglio scorso fuori dall’Old Fashion, locale notturno milanese. Il figlio di Simona Ventura, che ha parlato di sentenza equilibrata, ha ribadito di voler rinunciare al risarcimento chiesto e pure alla provvisionale di 200 mila. «Non mi interessano i soldi, ma solo che giustizia sia stata fatta».

In particolare, il giudice Guido Salvini, nel processo abbreviato (sconto di un terzo sulla pena), ha condannato tutti gli imputati per il reato di tentato omicidio, ma ha differenziato posizioni e pene. In particolare, a Davide Caddeo, il 29enne difeso dal legale Robert
Ranieli e accusato di aver sferrato le otto coltellate (lui ne ha ammesse soltanto due) ha comminato 9 anni di carcere. Gli altri tre imputati, invece, Alessandro Ferzoco (difeso da Mirko Perlino), Albano Jakej (difeso da Daniele Barelli) e Andi Arapi (difeso da Fabrizio Cardinali) sono stati condannati rispettivamente a 5 anni e 6 mesi, 6 anni e 6 mesi e 5 anni. A loro è stato concessa, infatti, la diminuente del reato diverso da quello voluto. Ossia, i tre volevano picchiare Bettarini e non tentare di ucciderlo e non c’è prova che
sapessero che Caddeo, conosciuto a malapena dagli altri, avesse con sé un coltello. Riconosciute, poi, a tutti gli imputati le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante contestata dalla Procura, ossia l’aver agito per motivi abietti e futili e, in particolare, discriminatori, per quella frase «sei il figlio di Bettarini, ti ammazziamo» che lo stesso 20enne sentì quel mattino. Arapi, tra l’altro, incensurato ha anche ottenuto i domiciliari, mentre gli altri tre restano in carcere (respinta un’istanza di domiciliari per Caddeo). Alla parte civile Bettarini, col legale Alessandra Calabrò, è stata riconosciuta una provvisionale di 200mila euro. Alla quale, il giovane, ha anninciato di voler rinunciare.

 

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