Quantitative Easing (QE): si chiude era del bazooka anti-crisi voluto da Mario Draghi

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Si chiude a fine 2018 l’era del quantitative easing. Il bazooka anti-crisi voluto da Mario Draghi esce di scena dal primo gennaio, ma l”addio al mega-piano di acquisto di debito varato dalla Banca centrale europea nel 2015 non dovrebbe innescare eccessive turbolenze. Neanche sull’Italia.

Arma per contrastare la deflazione e per far ripartire il credito delle banche all’economia reale – seguendo le orme delle principali banche centrali, come Federal Reserve e Banca del Giappone – il Qe nel caso dell’Italia ha aiutato soprattutto a calmierare lo spread. Con il piano, nella pancia della Bce sono finiti Btp per 360 miliardi di euro a fronte di un totale di acquisti netti di debito dell”area euro arrivato a 2.600 miliardi.

La fetta maggiore degli acquisti è stata quella dei titoli pubblici con oltre 2.109 miliardi, mentre la quota rimanente si è suddivisa principalmente tra covered e corporate Bond (per circa 270 e 180 miliardi) e Abs (28 miliardi). Ma ora l”azzeramento degli acquisti non significa la fine della politica monetaria espansiva. La Bce, ben consapevole delle fragilità che mettono a rischio il sistema – e su cui ha il suo peso anche la situazione italiana con un Pil finito di nuovo in contrazione nel terzo trimestre e un livello monstre del debito – ha approntato un’uscita non traumatica decidendo di reinvestire il capitale dei bond giunti a scadenza in titoli dello stesso Paese.

E a ulteriore garanzia della gradualità della exit strategy, la Bce si è impegnata a reinvestire i bond via via rimborsati per un periodo prolungato dopo che si sarà iniziato ad alzare i tassi d”interesse principali, e in ogni caso per tutto il periodo necessario. Insomma la Bce non avvia il tapering e manterrà inalterato il suo portafoglio. A conti fatti, per l’Italia la fine del Qe dovrebbe rivelarsi così quasi indolore anche grazie al fatto che Francoforte ha assicurato un riallineamento soft con la nuova capital key, la quota detenuta nel capitale Bce in base alla quale si pesano gli acquisti di titoli di ciascun Paese. Con l’ultima revisione, per l’Italia la capital key si è ridotta di mezzo punto scendendo sotto al 17%, ma l’adeguamento, ha promesso Draghi, sarà graduale e calibrato.

E per alleggerire la transizione la Bce ha in mano altre cartucce: una nuova edizione delle maxi aste di liquidità Tltro e l’Operation Twist. Nel caso di segnali preoccupanti sul rallentamento dell’economia, Francoforte è incline a varare una terza tranche di Tltro, dopo quelle del 2014 e del 2016 con cui ha elargito alle banche liquidità a basso costo. E per un effetto calmiere sui costi di finanziamento si ragiona sull”adozione dell”Operation Twist, sull’esempio della Federal Reserve. Il meccanismo consiste nel sostituire i titoli di Stato a bilancio con altri bond di durata più lunga e serve ad abbattere i rendimenti delle emissioni a lungo termine, generando risparmi consistenti. Un’escamotage particolarmente vantaggioso per Roma che avrebbe l”opportunità di alleggerire il carico del debito allungando la durata media residua dei titoli pubblici e ridimensionare così la dipendenza nel medio termine dai mercati

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