Contributi di solidarietà: superato Letta, Di Maio raddoppia il prelievo sulle pensioni d’oro

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Ecco gli effetti pratici, euro più, euro meno, del taglio sulle pensioni d’oro deciso col maxiemendamento governativo approvato dal Senato. Spiegazione e tabelle sono ripresi da pensioniOggi.it, che fa anche un confronto con il precedente prelievo del contributo di solidarietà deciso dal Governo Letta e mantenuto da Renzi (cifre indicate per gli anni 2015 e 2016).
La legge di bilancio per il 2019 introduce per un periodo di cinque anni a partire dal 1° gennaio 2019 un prelievo straordinario articolato su cinque fasce in forma progressiva, a partire da 100mila euro lordi l’anno, cioè circa 5mila euro netti al mese. Nello specifico il taglio sarà del 15% sulla parte di assegno superiore a 100mila euro e fino a 130mila, del 25% sulla parte compresa tra 130mila e 200mila, del 30% tra 200mila e 350mila, 35% tra 350 e 500mila euro, del 40% oltre i 500mila euro.
La riduzione interesserà tutte le pensioni dirette ad eccezione solo di quelle interamente calcolate con il sistema contributivo, cioè i lavoratori sprovvisti di contribuzione al 31 dicembre 1995 o, si ritiene, che hanno effettuato l’opzione per il calcolo contributivo (art. 1, co. 23 legge 335/1995); saranno, di converso, colpiti gli assegni misti a prescindere dalla presenza o meno di 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995, e per l’intera quota, cioè anche la parte contributiva. Restano fuori dal taglio le pensioni corrisposte alle vittime del dovere e del terrorismo, le pensioni erogate ai superstiti, le pensioni di invalidità. E’ previsto un meccanismo di salvaguardia in forza del quale per effetto dell’applicazione del contributo di solidarietà, l’importo complessivo dei trattamenti pensionistici diretti non può comunque essere inferiore a 100.000 euro lordi su base annua.
Complessivamente la misura è simile a quella del Governo Letta (articolo 1, co. 486 della legge 147/2013) in vigore per il triennio 2014-2016 anche se l’effetto è più intenso.
Il vecchio contributo di solidarietà prevedeva, infatti, una decurtazione del 6% per la fascia tra le 14 e le 20 volte il TM, del 12% per la fascia tra le 20 e le 30 volte il TM e del 18% per la fascia eccedente le 30 volte il TM.
Con il nuovo contributo invece una pensione di 150mila euro lordi annui subirà una decurtazione di 9.500 euro annui (contro i circa 4.700 euro del precedente contributo di solidarietà); mentre una pensione di 120mila euro sarà chiamata ad un dazio di 3mila euro contro i 1.720 euro precedenti. Le cifre naturalmente sono al lordo degli effetti fiscali dato che il contributo di solidarietà si porta in deduzione dal reddito Irpef.
A differenza del precedente contributo di solidarietà l’incisione si riferisce solo ai trattamenti pensionistici diretti a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative dell’assicurazione generale obbligatoria e della Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335; restano, pertanto, esclusi i trattamenti pensionistici diretti erogati dagli altri enti di previdenza obbligatoria al di fuori dell’Inps, come le Casse Professionali, a prescindere dal loro metodo di calcolo (retributivo o contributivo).
In caso di titolarità di più trattamenti, ai fini dell’integrazione della soglia oltre la quale scatta la riduzione, si farà riferimento all’importo complessivo delle pensioni in pagamento e la riduzione si applicherà in misura proporzionale su ciascun trattamento fermo restando la clausola di salvaguardia. Al contributo di solidarietà dovranno adeguarsi gli organi costituzionali che erogano pensioni dirette. Le risorse reperite finiranno in un fondo Inps e destinate a adeguamenti socio-previdenziali da definire. Il Governo si attende un risparmio di circa 80milioni di euro l’anno.
Fioccheranno i ricorsi, sia per la durata spropositata della misura, che va addirittura oltre il termine della legislatura, sia per il prelievo eccessivo, sia per l’evidente disparità di trattamento, anticostituzionale, fra pensionati già lavoratori dipendenti e pensionati a carico di Casse autonome. Per questi ultimi la Cassazione ha di recente stabilito che le Casse non possono imporre contributi non disposti dalla legge. il che vuol dire che i supremi giudici, a differenza dell’improvvisato, inesperto e confusionario governo gialloverde, ritengono che sia direttamente la legge ad imporre quest’obbligo. La Consulta avrà il suo bel da fare per sbrogliare le cappellate di Di Maio e soci, ma ci siamo ormai abituati.

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