Abbiamo raggiunto l’accordo per un comunicato che esprime la necessità di rivitalizzare il commercio e il Wto e esprime la preoccupazione per i cambiamenti climatici». Al termine del G20 il presidente argentino Mauricio Macri illustra così il documento finale, nel quale spiccano concessioni e paletti riferibili agli Stati Uniti.
Se il 20esimo dei 31 punti evidenzia che «l’accordo di Parigi sul clima è irreversibile», il punto numero 21 esplicita che «gli Stati Uniti ribadiscono la propria decisione di ritirarsi dall’accordo di Parigi e affermano il proprio forte impegno per la crescita economica e l’accesso all’energia e la sicurezza, utilizzando tutte le fonti energetiche e le tecnologia proteggendo, nello stesso tempo, l’ambiente».
In materia di fenomeni migratori, l’articolo 17 evidenzia che «i massicci movimenti di rifugiati costituiscono una preoccupazione globale con conseguenze umanitarie, politiche, sociali ed economiche. Sottolineiamo l’importanza di azioni condivise per affrontare le cause profonde dei movimenti e per rispondere alle crescenti necessità umanitarie».
Un successo anche per l’America: Donald Trump esulta per il risultato di un G20 dove il presidente degli Stati Uniti rischiava di ritrovarsi completamente isolato su tutti i temi forti in agenda, dal commercio al clima passando per l’immigrazione. Invece – in attesa del boccone più grosso, il possibile accordo con la Cina – il tycoon incassa a Buenos Aires un compromesso che gli permette di tornare a casa cantando vittoria. Mentre agli altri leader resta la magra consolazione di aver evitato lo scontro.