Economia: Tria teme tempesta finanziaria allo scadere del Q.E di Draghi (dicembre 2018)

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Dal marzo 2015, quando Mario Draghi ha armato il bazooka del quantitative easing, la Banca centrale europea ha riversato sul mercato 2.500 miliardi di euro. In autunno l’ombrello della BCE andrà progressivamente riducendosi, ed i paesi europei dovranno cercare da soli finanziatori per i, proprio debito pubblico.

Fino ad ora la Bce ha comprato 30 miliardi di euro al mese di bond governativi. Acquisti che potrebbero essere portati avanti fino a settembre, per poi calare progressivamente e giungere all’azzeramento a fine anno. Con la fine del QE, l’ l’Italia dovrebbe dunque affrontare da sola gli investitori internazionali sul piano di battaglia delle aste su cui vengono collocati i nostri titoli.

Il piano di Qe si ferma ma l’ombrello della Bce non si chiude completamente. A giugno Draghi ha annunciato che i titoli pubblici – quelli già in pancia alla Bce – che arriveranno a scadenza saranno sostituiti con altre obbligazioni di pari importo. La Bce dunque continuerà a reinvestire per tutto il tempo necessario per mantenere condizioni di liquidità favorevoli. Almeno fino alla fine del mandato di Draghi, nell’autunno 2019, l’occhio della Bce resterà ben vigile sui mercati. Una polizza vita per l’Italia e per gli altri Paesi più cagionevoli dell’Ue.

«La chiusura del Qe prospetta un necessario assorbimento delle nuove emissioni da parte degli investitori privati. Quando cesserà subiremo un contraccolpo come gli altri, con la differenza che da noi la crescita è meno forte», ha detto a Repubblica il ministro Giovanni Tria. «La paura è che la chiusura dell’ombrello Bce, aggiunta ai segnali di sfiducia dei mercati – lo spread, i rendimenti dei titoli di Stato e gli allarmi delle agenzie di rating – possa scatenare una nuova tempesta finanziaria sull’Italia. Al netto del Qe il rifinanziamento dei titoli a medio lungo termine presso i privati passerà dai 165 miliardi del 2017 ai 201 del 2019». La pressione sui mercati salirà inevitabilmente e non solo – come dice Tria – perché l’ Italia ha una crescita debole, ma soprattutto perché a causa del suo enorme debito ha il bisogno imprescindibile di collocare nuove obbligazioni.

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