Conferma il suo no alle riprese nel Duomo per la terza serie della fiction «I Medici» don Andrea Malacarne che, per motivare la sua decisione, si richiama al documento dell’Episcopato italiano «I Beni culturali della Chiesa in Italia. Orientamenti» del 1992,
ovvero: «Le chiese sono essenzialmente destinate all’esercizio e alla promozione del culto, della pietà, della religione. Altri usi, in genere, non ne garantiscono adeguatamente il dovuto rispetto, la buona conservazione e il pubblico godimento».
La presa di posizione del parroco della parrocchia dei Ss. Vito e Modesto, che ha sede nella cattedrale della città di Papa Pio II, è contenuta in una nota diffusa oggi «a seguito dei recenti articoli sulla stampa e relative polemiche da me assolutamente non volute», relative al suo diniego a ospitare in Duomo alcune scene di cerimonie funebri per la fiction suscitando anche la sorpresa del Comune al quale la produzione si è rivolta per pianificare a Pienza 7 giorni di riprese. Per domani il sindaco Fabrizio Fè aveva annunciato anche un incontro col parroco. «Rispettoso delle decisioni altrui – afferma don Malacarne – credo che sia doveroso spiegare le motivazioni che mi hanno spinto a prendere una decisione così chiara e inequivocabile. Sposo in pieno quanto affermato nel Documento dell”Episcopato italiano». Il religioso spiega di non aver «nulla contro la Lux Vide e con le attività che da anni promuove», di apprezzare e condividere la decisione del Comune di autorizzare le riprese che «sicuramente promuoveranno nel mondo le bellezze della nostra città» e di essere «profondamente rispettoso delle decisioni che vorrà prendere in merito la
Società Pie disposizioni di Siena che gestisce il palazzo Piccolomini». Ma, afferma, «come parroco della parrocchia dei Santi Vito e Modesto confermo ulteriormente la decisione presa di non autorizzare l’utilizzo del Duomo e di qualsiasi altra chiesa di mia competenza, indipendentemente da ogni considerazione economica, per attività al di fuori delle funzioni liturgiche e rimando al cap.9 dell’Ima 2005 della Cei».